El monacato femenino en América y en España
Recepción: 17/12/2021
Aprobación: 29/03/2022
DOI: https://doi.org/10.13035/H.2022.10.01.11
Sommario: Nel 1668 Henry Morgan prese Porto Belo (Panama). L’autore coevo Alexandre Olivier Exquemelin affermò che i filibustieri fecero ricorso a degli scudi umani, compresi frati e monache, per difendersi, sistemare le scale sulla fortezza principale del centro urbano e assaltarla. Tale operazione disonorevole era in linea con la caratura morale dei corsari, nonché imprescindibile dato che l’attacco fu un rapido successo, nonostante l’apparente efficienza delle fortificazioni che cingevano la città. L’obiettivo del presente lavoro è dunque mettere alla prova la veridicità delle dichiarazioni di Exquemelin al riguardo. A tal fine si analizzerà la documentazione manoscritta di produzione spagnola, frutto delle deposizioni di testimoni oculari, per comparare la versione dei fatti che offrirono gli scudi umani stessi con le affermazioni dell’autore. In ultimo si cercheranno le cause che, probabilmente, lo spinsero a distorcere la verità sulle reali modalità dell’attacco
Resumen: En 1668 Henry Morgan tomó Porto Belo (Panamá). Alexandre Olivier Exquemelin, un autor contemporáneo, afirmó que los filibusteros acudieron a escudos humanos, incluyendo frailes y monjas, para colocar las escalas y atacar la principal fortaleza de la ciudad. Esta operación deshonrosa parecería acorde con el nivel moral de los corsarios además de imprescindible, puesto que el ataque fue un rápido éxito, a pesar de las fortificaciones que protegían la urbe. El objetivo de este trabajo es someter a prueba la veracidad de estas dinámicas. Así, analizamos la documentación de producción española, resultado de las declaraciones de algunos testigos de vista, a fin de estudiar la versión de los hechos que proporcionaron los mismos escudos humanos. Finalmente, estudiamos las causas que, potencialmente, empujaron el autor a alterar las modalidades del asalto.
Palabras clave: Henry Morgan, monjas, Panamá, Porto Belo, escudos humanos.
Abstract: In 1668 Henry Morgan took Porto Belo (Panama). Alexandre Olivier Exquemelin, a contemporary author, claimed that the filibusters used human shields, including friars and nuns, to place the stairs and storm the main fortress of the city. This dishonourable act would seem in line with the moral calibre of the pirates as well as essential, given that the attack was a quick success despite the fortifications that surrounded the city. Therefore, the aim of this work is to test the historicity of such dynamics. For this purpose, we analyse the unpublished documentation of Spanish production, the result of the depositions of eyewitnesses, to examine the side of the story that offered the human shields themselves. Finally, we look for the reasons that, possibly, led the author to twist the real methods of the attack.
Keywords: Henry Morgan, monache, Panama, Porto Belo, scudi umani, Henry Morgan, Nuns, Panama, Porto Belo, Human shields.
1. Il contesto geostrategico
Da un punto di vista militare ed economico, nel xvii secolo l’importanza strategica delle città di Panama «la Vieja», Nombre de Dios e posteriormente Porto Belo1 derivava dalla loro funzione di scali lungo la rotta che collegava i giacimenti argentiferi peruviani alle casse della Casa de Contratación di Siviglia2. Un’attività tanto redditizia destò l’interesse delle potenze europee che rivaleggiavano con la Spagna3. Queste non ebbero modo di impiantare avamposti permanenti nei Caraibi fino al 1655, anno in cui l’Inghilterra e la Francia occuparono, rispettivamente, la Giamaica e Tortuga4. Si servirono dunque della guerra di corsa, una pratica che divenne sempre più intensa nei decenni, come si evince dall’analisi delle fonti coeve5. Le incursioni costanti fecero di Panama un territorio di frontiera6, e già Filippo II aveva deciso di proteggere i gangli della rete commerciale atlantica per mezzo di una serie di fortificazioni dotate di guarnigioni permanenti7.
Nel tempo, a Porto Belo sorsero tre fortezze indipendenti, eppure furono sufficienti poche ore affinché cadessero nelle mani di Henry Morgan, colonnello ed ammiraglio gallese delle forze di Port Royal8. Alexandre Olivier Exquemelin9 affermò che l’urbe «è la piazza più forte che il re di Spagna ha in tutte le Indie Occidentali, con la sola eccezione dell’Avana e Cartagena», ma scrisse anche che nessuno era al corrente del loro arrivo10. La notte dell’11 luglio 1668 i filibustieri11 lanciarono un’incursione a sorpresa ed entrarono in città, sbaragliando le milizie spagnole e catturando numerosi civili dei quali, secondo lo stesso autore, si servirono in qualità di scudi umani per prendere Santiago de la Gloria. Dal suo racconto si deduce che nell’operazione vennero coinvolte anche delle monache che, obtorto collo, trasportarono le scale e subirono vittime ingenti.
Exquemelin scrisse che «corse un plotone di pirati verso i chiostri, prendendo prigionieri tutti i religiosi e le monache». Dopodiché gli inglesi costruirono alcune scale e si servirono degli ostaggi per trasportarle, e Morgan «ordinò a tutti i religiosi e religiose, suoi prigionieri, che le piantassero alle muraglie della fortezza». Il governatore della città non ordinò il cessate il fuoco, anche se «i religiosi gridavano e pregavano per tutti i santi del Cielo che consegnasse il castello per potersi salvare, così come le povere monache». Nonostante il fuoco incrociato, «alla fine, al prezzo della perdita di molti religiosi e monache, appoggiarono le scale» e i filibustieri presero la fortezza, senza dare quartiere alla guarnigione12.
L’obiettivo del presente lavoro è dunque verificare l’attendibilità della ricostruzione che Exquemelin fece di quella fase dell’assalto di Santiago, appurando se realmente le monache vi parteciparono e in che maniera. Si analizzeranno i documenti inediti di produzione spagnola per confrontare la versione di quegli stessi fatti che offrirono i testimoni oculari. Successivamente, si verificherà l’attendibilità di alcune affermazioni formulate dal corsaro, oltre a presentare le conseguenze legali di talune di esse e cercare una chiave di lettura nella sua parzialità di veterano insoddisfatto. Le fonti utilizzate sono le opere di autori dell’epoca che dedicarono le loro penne a Porto Belo o, in generale, a Panamá, nonché i documenti dell’Archivo General de Indias (AGI), sia pubblicati che inediti, focalizzando l’attenzione sui processi giudiziari che seguirono alla caduta dell’urbe. Il vaglio delle pubblicazioni accademiche in merito accompagnerà la rilettura di quegli avvenimenti, fornendo spunti di riflessione e prospettive d’indagine.
2. Le fonti documentarie dell’Archivo General de Indias
L’idea che i corsari di Morgan usassero le monache come scudi umani e con un ruolo attivo si basò unicamente sulle parole di Exquemelin e sul giudizio di alcuni storici e saggisti successivi. Sebbene espressero dubbi al riguardo, non smentirono con decisione questa versione e alterarono persino alcune dinamiche riportate nella documentazione spagnola13. La bassa reputazione di cui i filibustieri godevano presso le loro stesse autorità politiche e militari14, nonché le violenze che erano soliti perpetrare, non dovettero stimolare scetticismo di sorta verso quei misfatti, né incentivare l’attività critica in tal senso15
La documentazione dell’AGI che è stato possibile consultare, nonostante l’emergenza Covid, ovvero la lunga serie di testimonianze che si raccolse a seguito dell’assalto e che attualmente è catalogata come Escribanía 462A, offrì una versione diversa dei fatti16. Sebbene un numero ristretto di testimoni confermò che i corsari impiegarono alcuni prigionieri come scudi umani, molto pochi in verità, non fece riferimento a un loro ruolo attivo nel posizionare le scale. Neppure menzionò mai la partecipazione di monache, né tantomeno vittime tra di esse. Inoltre, gli spagnoli difendevano loro malgrado i filibustieri che tentavano di bruciare la porta orientale, mentre l’attacco con le scale avvenne lungo il settore nord della muraglia, che affacciava sul mare.
Andrés Fernández Dávila, giudice (alcalde mayor) della città nonché testimone oculare dei fatti, spiegò che il nemico «fece portare i prigionieri che erano detenuti nella chiesa, tra i quali era presente il sottoscritto, e ne fece una trincea»17. Lo confermarono l’alfiere Cristóbal García Niño e José de la Pinilla, artigliere di San Jerónimo, e specificarono che entrambi parteciparono ai fatti18. Pedro de Arredondo Agüero, castellano di San Jerónimo, e il capitano Gaspar de Astudillo diedero la medesima versione, anche se erano rinchiusi nella chiesa e dalla loro relazione si evince che non presero parte all’assalto19.
Antonio de Molina, soldato scelto (soldado aventajado) della guarnigione di Santiago, aggiunse un dettaglio riguardo il genere dei prigionieri. Disse che sapeva, e quindi che non vide, che il nemico avanzava «trincerandosi dietro gli abitanti del luogo, tanto donne come uomini»; lo stesso affermò Juan de Andueza, capitano e giudice (alcalde ordinario) che era in città durante gli scontri ma che, ferito ad una gamba, si ritirò in tempo in un luogo chiamato Matapalo onde evitare di essere catturato20.
Alonso Martín de la Parra, soldato di Santiago, sottolineò la presenza dei religiosi fra gli ostaggi e disse di sapere che gli inglesi «portarono tutte le donne, chierici e frati che avevano fatto prigionieri per collocarli davanti alla porta principale e bruciarla, facendone una trincea»21. Cristóbal López de San Esteban, un altro soldato di Santiago, riferì quelle dinamiche negli stessi termini, anche se i due non furono testimoni oculari22.
Il tenente Juan de Pineda, con la ripetitività propria degli atti giudiziari dell’epoca, disse che gli scudi umani non subirono danni. I corsari attaccarono la fortezza «proteggendosi dietro i prigionieri, ma dal castello di Santiago solamente un pezzo d’artiglieria aprì il fuoco, mentre il nemico coi prigionieri erano ormai alla porta del castello, senza ricevere offesa alcuna dai difensori»23. Juan Muñoz, soldato di Santiago, disse di sapere che parte del contingente filibustiere «si barricò dietro le case e si proteggeva con donne e abitanti del luogo mentre si avvicinò alla porta» e aggiunse tuttavia che due frati vennero feriti nell’operazione24. Il soldato Diego Pérez, che in quel momento era rinchiuso nella chiesa, confermò che «avanzarono verso la porta del castello di Santiago dove già avevano appiccato il fuoco alla porta e obbligarono i prigionieri a terminare il lavoro, per poter evitare i pericoli del castello, e avendo aperto il fuoco con un pezzo25 del castello caricato a mitraglia ferirono due religiosi dell’ospedale»26.
Infine, lo stesso Pineda aggiunse dei dati numerici: «portarono il qui presente testimone con altri otto o nove prigionieri davanti alla porta del castello al fine di trincerarsi dietro di loro mentre appiccavano il fuoco alla porta […] tanto donne come uomini»27. Per ultimo, un testimone inglese il cui nome venne storpiato in Roberto Uorni affermò che nel corso delle trattative successive, volte a garantire la restituzione della città alle autorità panamensi, gli intermediari erano accompagnati dagli ostaggi, ovvero «tutti i prigionieri, uomini e donne oltre al giudice [sic.] Don Pedro de Arredondo, Don Antonio de la Gama, oltre a chierici e frati e Don José de la Vega». È evidente che neanche in questo caso si fece riferimento alla presenza di religiose; in generale, nessuno affermò che i civili ebbero un ruolo attivo nell’assalto28.
3. La critica a Exquemelin
In una recente pubblicazione si confermò che la vittoria inglese si dovette all’impreparazione della guarnigione spagnola nonché al vantaggio di Morgan, che pianificò con cura ed eseguì un’incursione notturna a sorpresa. Ergo, la presa e il sacco di Porto Belo potrebbero aver avuto luogo anche in assenza di scudi umani29. Inoltre, nelle stesse fonti letterarie, documentarie e iconografiche che confermarono la presenza dei frati nella città dell’Atlantico, non v’era traccia di monache o suore30. Questo paragrafo è dedicato dunque all’analisi di alcuni dettagli controversi dell’opera del corsaro cronista, che misero in luce la congerie di cause che lo spinse, volontariamente o meno, ad alterare almeno alcuni dei fatti di quella notte del 1668.
In primo luogo, Exquemelin non fu un testimone oculare della presa di Porto Belo, per cui non presenziò l’assalto alla fortezza di Santiago de la Gloria. Si arruolò solo nel 1670 nel contingente di Morgan, il che potrebbe essere all’origine di eventuali errori involontari31. Nella sua opera, in generale, non mancarono le alterazioni intenzionali della realtà, per cui Earle scrisse che «quasi mai il suo resoconto è totalmente e assolutamente sbagliato, e alle volte notevolmente corretto», mentre Breverton sottolineò la natura «sensazionalista» del testo32.
In secondo luogo, la relazione di reciproca fiducia che legava l’ammiraglio ai suoi uomini si ruppe del 1671, quando abbandonò parte di essi al loro destino a seguito della campagna di Panama «la Vieja», portando con sé il bottino: «riservando il meglio per sé, cosa che gli altri suoi compagni gli dissero in faccia […] ma Morgan divenne sordo a tutto, come se volesse ingannarli […] e ci lasciò in uno stato così miserabile»33. È quindi logico supporre che l’autore inserisse dei dati volti a denunciare pubblicamente il colonnello e i suoi fedeli, che definì «uomini senz’anima»34. Ciò potrebbe aver avuto come conseguenza l’alterazione intenzionale della veridicità di alcuni dettagli del resoconto35. Quest’avversione che l’autore provava nei confronti del suo vecchio ufficiale, nonché dei corsari in generale, è evidente già dal titolo dell’opera, posto che nella versione originale in olandese vennero definiti zee-roovers (ladri dei mari), nella prima versione in castigliano piratas e in quella inglese buccaneers36.
Verbi gratia, gli storici criticarono l’affermazione dell’autore riguardo l’esplosione della polveriera di Santiago de la Gloria, una forma pirotecnica di esecuzione sommaria della guarnigione spagnola37. Nel 1684 si diedero alle stampe le prime due versioni inglesi del suo testo ad opera di Thomas Malthus e William Crooke, che Morgan denunciò l’anno successivo per quella che oggi definiremmo diffamazione38. Crooke dovette quindi pubblicare una lettera di scuse in cui smentì dei generici dati «falsamente riportati», confermando che i fatti trasmessi riguardo «l’esplosione del castello di Porto Belo non sono veri»39. Malthus si discolpò nell’edizione successiva che diede alle stampe nella cui dedica, al contrario, incluse dei versi per celebrare l’ammiraglio gallese: «La fama del grande Morgan durerà finché ci sarà / il rullo di un tamburo o qualsiasi suono di Guerra»40.
Sfortunatamente, negli atti del sopracitato processo e negli scambi epistolari di Morgan e delle autorità di Port Royal non si fece riferimento all’uso di scudi umani nella presa di Santiago de la Gloria, per cui la loro presenza non venne confermata né smentita nelle fonti coeve di produzione inglese.
Conclusioni
Alla luce dell’analisi realizzata, Exquemelin scrisse una versione distorta di quei fatti specifici inerenti all’assalto della fortezza spagnola. Da un lato, c’è la possibilità che l’alterazione fosse involontaria, posto che non partecipò all’operazione, non assistette all’attacco e non era quindi in possesso di dati di prima mano. Dall’altro, si è menzionato le ragioni che potrebbero averlo spinto ad una falsificazione volontaria. Così, riuscì probabilmente nel difficile intento di peggiorare la reputazione già negativa degli uomini di Morgan e, in generale, dei filibustieri di Port Royal. Stilò infatti una variante molto più cruda del resoconto stesso delle vittime che subirono quell’aggressione e che vennero catturate e degradate al ruolo di scudi umani. La sopracitata documentazione dell’AGI, invece, seppur riferì dettagli degni di nota riguardo preti e frati, finanche donne, non entrò nel merito della loro eventuale devozione monacale e si limitò a citare pochi feriti e tutti tra i religiosi, il che non corrispondeva alla «perdita di molti religiosi e monache» riportata dal corsaro.
In conclusione, allo stato attuale delle indagini e in attesa di ulteriori ricerche presso l’Archivo General de Indias, è altamente probabile che la partecipazione delle religiose all’assalto al castello, seppur verosimile in quel contesto bellico e di avversione confessionale, rientrasse in quei dati «falsamente riportati» che Crooke denunciò nella sua lettera di scuse.
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