Sommario: In questo articolo l’autore analizza i viaggi di Montesquieu, dove si manifesta il trionfo del piacere della scoperta. Il viaggio è indagine della realtà sociale, politica e istituzionale. Le certezze e le nozioni iniziali sono riconsiderate o temprate dalle conferme dell’osservata realtà. Il viaggio con una vena di disincanto porta con sé il fascino di nuove idee e diventa strumento originale di analisi comparativa della realtà europea dell’epoca. L’autore vuole sottolineare l’imprescindibilità del viaggio nella formazione delle riflessioni di Montesquieu. La teoria da sola non è sufficiente, il barone de La Brède trova nel suo cammino per l’Europa l’ispirazione che solo l’osservazione empirica può dare. Scrutare la realtà da vicino diviene fondamentale, fa comprendere a Montesquieu come siano numerose le variabili che influenzano gli eventi e la politica di uno Stato. L’autore, dopo l’attenta analisi effettuata, giunge alla conclusione che alcune delle riflessioni contenute nel De l’Esprit des Lois, oltre che di derivazione libresca, sono figlie dell’originale metodo d’indagine costituito dai viaggi di Montesquieu.
Parole: Viaggio, montesquieu, realtà sociale.
Abstract: In this paper the author analyses Montesquieu’s travels, where there is the pleasure of discovery. The journey is investigation of the social, political and institutional realities. The certainties and initial notions are reconsidered or confirmed from the observed reality. The journey with a vein of disenchantment brings the charm of new ideas and becomes original instrument of comparative analysis of the European reality of the time. The author wants to underline the indispensability of the journey in the formation of the reflections of Montesquieu. The theory alone is not enough, Baron de La Brède finds in his journey in Europe the inspiration that only empirical observation can give. Observing reality closely becomes fundamental, Montesquieu understands how numerous are the variables that influence the events and the politics of a State. The author, after the careful analysis, concludes that some of the reflections contained in the De l’Esprit des Lois, as well as of bookish derivation, are daughters of the original method of investigation constituted by Montesquieu’s travels.
Keywords: Travel, montesquieu, social reality.
Resumen: En este artículo, el autor analiza los viajes de Montesquieu, donde se manifiesta el triunfo del placer del descubrimiento. El viaje es una investigación de la realidad social, política e institucional. Las certezas y nociones iniciales son reconsideradas o reforzadas por las confirmaciones de la realidad observada. El viaje con una vena de desencanto trae consigo la fascinación de nuevas ideas y se convierte en un instrumento original de análisis comparativo de la realidad europea de la época. El autor quiere subrayar la indispensabilidad del viaje en la formación de las reflexiones de Montesquieu. La teoría por sí sola no es suficiente, el barón de La Brède encuentra en su viaje por Europa la inspiración que solo la observación empírica puede proporcionar. Observar la realidad de cerca se vuelve fundamental, Montesquieu entiende cuán numerosas son las variables que influyen en los eventos y la política de un Estado. El autor, después de un cuidadoso análisis, concluye que algunas de las reflexiones contenidas en De l’Esprit des Lois, además de derivarse de libros, son hijas del método de investigación original constituido por los viajes de Montesquieu.
Palabras clave: Viaje, montesquieu, realidad social.
Il viaggio: metodo d’indagine originale
The journey: original investigation method
El viaje: método de investigación original
Received: 29 July 2019
Accepted: 19 August 2019
Quand’anche Montesquieu avesse avuto in origine un intento letterario autonomo nel prender le sue note di viaggio, questo gli si è dissolto successivamente perché quelle note hanno trovato la loro funzione nella più vasta impresa della costruzione del sistema dell’Esprit des Lois, cui non solo hanno offerto un ricco materiale di dati, ma di cui hanno […] contribuito per la loro parte ad elaborare il metodo di trattazione scientifica dei problemi sociali (COTTA, 1953, p. 232).
1 Introduzione. 2 I viaggi di Montesquieu. 3 Il bagaglio di Montesquieu. 4 La teoria delle forme di governo. 5 Il ritorno del viaggiatore. 6 Conclusioni. Bibliografia.
In una visione dantesca il viaggio è esilio, sofferenza per l’abbandono dei luoghi propri, degli antenati, degli affetti. Il viaggio non è sempre stato una sofferenza come gli esiliati hanno vissuto e raccontato nei propri scritti. Il viaggio è spesso una scelta consapevole, intrapreso per soddisfare la fame di ricchezze, la sete di avventura e per rispondere all’esigenza di un metodo indispensabile di ricerca.
Negli ultimi secoli gli antropologi e i sociologi prediligono lo studio sul campo dei popoli e alcuni trascorrono del tempo presso gli aborigeni per studiare i costumi di queste genti. Un classico esempio di questa tipologia di viaggi è offerta da Malinowski (1989; FIRTH, 1960), che per studiare gli usi e costumi dei popoli della Melanesia si spinge in una terra lontana e abita i luoghi delle popolazioni oggetto della sua indagine, spinto da una notevole sete di conoscenza ed un rigore nell’osservazione puntuale, che dalla semplice osservazione lo porta a formulare le sue teorie più famose che ancor oggi vengono ammirate, grazie anche al lavoro di antropologi che hanno esaminato diversi aspetti presso quegli stessi o affini luoghi. Il viaggio ammalia l’uomo e continuerà a incuriosirlo perché l’uomo è preda del fascino dell’avventura e della brama di conoscere territori nuovi e diversi dai propri, si pensi ai numerosi romanzi,1 ai resoconti di viaggi,2 alle lettere dei missionari3. Non vi è un campo dell’arte o della scienza che abbia trascurato il viaggio, si pensi alla forbita letteratura, alla filosofia, le quali quando non si occupano di narrare di un vero e proprio viaggio reale, per facilitare le proprie tematiche ed esplicarle hanno escogitato viaggi metaforici o di pura fantasia.4 Il pensiero va, sicuramente, al viaggio nelle isole Noîsulli dell’antropologo Ydobon presso la tribù dei Noît-cif narrato da Alf Ross:5 questo autore per facilitare la illustrazione della propria teoria escogita l’artifizio di un viaggio, è una fictio che si rivela nella sua veste di stratagemma efficace e genialmente congegnato, tanto da mettere il lettore in una situazione di curiosità e dotando il testo di una invidiabile chiarezza e immediatezza espositiva.6
L’importanza dei viaggi di Charles-Louis de Secondat baron de La Brède et de Montes- quieu si riverbera nell’opera somma del baron de La Brède: De l’Esprit des Lois. Le nozioni e le idee di Montesquieu si trovano alla prova della realtà che l’autore affronta nei suoi viaggi. Le idee si affinano, vengono perfezionate, limate, smussate. Montesquieu a volte rimane affascinato, altre si disillude, ancora si entusiasma, poi fa i conti con le nuove emozioni che il viaggio comporta, nella sua osservazione cerca di rimanere il più neutrale possibile, anche se, talvolta sommesso e lieve, alle volte più energico, qualche giudizio trapela e si nota una certa tensione per mantenere un rigore scientifico e razionale nei vari contesti in cui si muove, girovagando per l’Europa. Non v’è dubbio che gli scritti minori dei viaggi di Montesquieu possano considerarsi le fondamenta su cui poggia la maestosa costruzione De l’Esprit des Lois ed il viaggio sia stato un metodo d’indagine originale che ha contribuito alla costruzione di tutto l’apparato riflessivo ed argomentativo di tutta l’opera.
Nell’opera De l’Esprit des Lois Sergio Cotta (1953) individua l’influsso che i viaggi di Montesquieu vi hanno esplicato sulle riflessioni e nei contenuti.7
Il 5 aprile 1728 il trentanovenne Montesquieu intraprende il suo viaggio in Europa, osserva diverse culture e forme di governo, entra in contatto con vari popoli.
I motivi del viaggio non sono precisati da Montesquieu, ma Cotta (1953) ricostruisce le ipotesi che hanno spinto il barone de La Brède ad abbandonare il suolo natio per intraprendere la sua peregrinazione. Cotta si sofferma sull’osservazione sulla considerazione e sulla reputazione contenuta nel saggio del 1727 di Montesquieu De la considération et de la réputation (MONTESQUIEU, 1891). La considerazione deriva dal merito personale e denota la pubblica stima, mentre la reputazione nasce in un momento ed è effimera. Tutto ciò unito alla fugacità della reputazione di Montesquieu che non ha scritto opere di rilievo dopo le Lettres Persanes, fa del viaggio l’opportunità per scrivere un nuovo testo e rinvigorire la reputazione. Un’altra ipotesi è la mira tesa all’ottenere la duratura considerazione8 perfezionando il proprio sapere e le idee.9
Il viaggio, dunque, non è un capriccio di gioventù o semplice svago per Montesquieu, ma a muoverne i passi è la voglia di far interagire le proprie conoscenze teoriche con la vita reale, con un approccio più pratico. Solo il viaggio può saziare questo intento.
Il viaggio offre a Montesquieu una realtà vasta da studiare. Nessuna cosa è estranea al suo spirito di viaggiatore. Egli si interessa soprattutto della vita sociale e politico istituzionale nei luoghi che visita, ma non solo, analizza le dinamiche sociali nel loro contesto, si interessa dei problemi economici, finanziari e del commercio. Applica nel suo viaggio ai fenomeni politici il metodo sperimentale, che ha tratto dalla Politica di Aristotele e dalle opere di Niccolò Machiavelli, elaborato e perfezionato. Il viaggio diviene strumento per ricercare nuovi dati, conoscere abitudini, usi e costumi dei diversi popoli con cui entra in contatto. A tal fine egli scruta la società e raccoglie informazioni. Montesquieu in Austria ha stimolanti conversazioni con il principe Eugenio di Savoia, il conte di Wurmbrand e il conte Kinski, a Venezia egli rinviene un manoscritto attribuito a Sarpi (1760) sul governo veneto e sui mezzi per perpetuarne la gloria che non esita ad annotarsi in forma riassunta.
Il viaggio offre a Montesquieu un buon punto d’osservazione delle varie forme di governo, delle differenze tra classi sociali e dei fattori economici.
Montesquieu, grande ammiratore degli antichi Romani,10 si reca in Italia, dallo studio dei loro testi ha ricavato il principio su cui la repubblica si debba fondare sulla virtù.11 Si delude nel vedere le repubbliche italiane che mostrano qualche pecca rispetto all’illustre storia italica. Venezia pecca di una produzione normativa eccessiva per via dell’avvicendarsi delle cariche. Genova patisce importanti ammanchi nelle casse dello Stato e, al di sopra della legge, alcuni nobili tiranneggiano. Lucca, invece, fornirà spunti per l’argomento del sistema di rotazione delle cariche.
Altra esperienza sconfortante è la percezione delle repubbliche olandesi. Si tratta di un bicchiere mezzo pieno: se da una parte gli uomini non incarnano il valore della virtù auspicato da Montesquieu perché il commercio ha in essi prodotto avidità e avarizia, dall’altra l’Olanda diventa musa ispiratrice per il discorso sugli Stati federali.
Visitare l’Ungheria, come Montesquieu scrive nei Pensées, si rivela occasione per studiare le usanze di un sistema feudale simile a quello che era diffuso in tutta Europa, ma ch’egli non avrebbe altro modo di osservare diversamente, se non recandosi nel luogo dove si è conservato. In Germania lo porta la curiosità per la convivenza tra diverse religioni cristiane. Dopo la pace di Westfalia vi è la suddivisione dei magistrati tra le confessioni cristiane che si controllano a vicenda e la parità giuridico-politica: questo diventa motivo di libertà per i cittadini. La delusione della visione delle repubbliche porta Montesquieu ad osservare la monarchia inglese con meno rigidità. In terra britannica ha l’occasione di assistere a svariate sedute della Camera, dove scopre il fascino dell’ideale dialettico di libertà nella vita politica che permette la verifica dell’operato degli organi dello Stato. Perfino il sovrano è soggetto alla legge, le leggi inglesi mirano a garantire la libertà dei cittadini. Il gioco di equilibri del sistema ispira a Montesquieu una tra le sue teorie più famose: la teoria della separazione dei poteri.
Ogni viaggiatore conosce l’importanza del proprio bagaglio e Montesquieu si porta appresso notevoli conoscenze e nozioni della sua epoca, come evidenzia Levi-Malvano (1912, p. 132):
il Montesquieu, come quasi tutti i grandi geni del secolo decimottavo, è un genio per eccellenza assimilatore. Nutrito di letture immense, egli ha sviscerato tutta la letteratura politica a lui antecedente, ha mediato sulle idee di tutti i suoi antecessori. Ha quindi preso da loro quei concetti che naturalmente entravano a far parte nell’insieme delle sue teorie e da cui naturalmente si svolgevano altri suoi concetti.
Montesquieu è catturato dal fascino dei resoconti di viaggio. Si rinvengono elementi della conoscenza di queste opere nelle Lettres Persanes e nel Traité des devoirs. Tra queste Cotta (1953) pone l’accento sulle relazioni di viaggio di Chardin sulla Persia, di Sir Paul Rycaut sulla Turchia, il viaggio di Tournefort in Levante, i viaggi di Tavernier in Turchia, in Persia e nelle Indie, la relazione del Perry sulla Russia e le Lettres édifiantes dei missionari gesuiti.12
Il barone de La Brède fa del viaggio il banco di prova su cui testare le sue convinzioni formatesi su quanto i libri letti, studiati e analizzati gli hanno fornito. Montesquieu nell’evolversi del viaggio è pronto a spogliarsi del proprio nozionismo e dei preconcetti, a far interagire le proprie conoscenze teoriche con quanto osserva. In particolare, in Montesquieu avviene quella liberazione dal legame di sentimento verso i preconcetti. A questo proposito sono utili all’analisi concettuale le parole di Lev Tolstoj che nella sua opera I cosacchi descrive questa evoluzione nel modo di vedere le cose dei viaggiatori: nelle prime tappe l’immaginazione del viaggiatore subisce gli strascichi più voluminosi dei concetti e dei modi di pensare del luogo di partenza, trovandosi sorprendentemente alla mèta del viaggio a costruire i “castelli in aria dell’avvenire”.13
Montesquieu si arma di un taccuino, dove annota le proprie riflessioni e considerazioni, e con occhi curiosi osserva la realtà politico istituzionale che incontra sulla sua strada. Il viaggio è strumento di ricerca di nuovi dati in un più ampio campo di indagine denso di abitudini e valori morali dei popoli. Egli scruta i luoghi, ma essenzialmente è la società ad attrarlo: trascrive le risposte alle sue domande di ambasciatori, cardinali, ministri, missionari, artisti e scienziati. Egli recupera informazioni sui libri e giornali urtati nel viaggio. Egli per questo intento si premura di portare con sé un approccio metodologico rigoroso: osservare la realtà com’è e non fantasticare troppo sul suo dover essere.14 Lo stesso criterio del metodo sperimentale applicato alla realtà, che lo guida nell’indagine, è tratto da precedenti illustri, si pensi alla Politica di Aristotele e alle opere di Machiavelli. La teoria del clima di Jean Bodin15 è tra quelle che Montesquieu esamina e affina nel corso del viaggio, unitamente all’idea machiavelliana del compito del legislatore che si oppone all’azione negativa del clima e alle indagini tra i popoli nei climi più caldi e più freddi che dimorano nelle svariate tappe del suo girovagare, costituisce la base della teoria delle cause fisiche e morali.16 La teoria dei tre poteri permeata in primis da Aristotele e in secundis da John Locke, non poteva prescindere dalla meraviglia e dall’attrazione suscitata in Montesquieu dal bilanciamento tra gli equilibri dei poteri della monarchia osservati nella britannica terra.
Nel viaggio Montesquieu verifica nella pratica quanto ha letto sui libri. Egli si trova davanti alla possibilità di mettere in discussione le sue idee. Egli si propone un approccio rigoroso e non può esimersi dal verificare le proprie convinzioni sul piano pratico e a seconda dei casi rafforzarle, limarle o rivederle completamente. Il viaggio è completamento del suo metodo, diviene una fase imprescindibile, ma non la sola.
Numerose sono le prospettive che il viaggio offre e questa varietà di contesti sociali, politici e istituzionali costituisce il campo di osservazione del Montesquieu.
Egli ha in comune con Machiavelli l’ammirazione per l’antica Roma e ne condivide la concezione della religione come strumento di governo.17 Si distanzia dall’idea del ruolo del caso e della fortuna nella grandezza dei Romani e ne pone alla base le qualità del popolo ed i suoi ordinamenti.
Il baron de La Brède, mettendo assieme essenzialmente i tre elementi dello studio dei Romani, le sue letture machiavelliane e l’osservazione delle repubbliche italiche a lui contemporanee, rafforza la teoria della virtù come fondamento della repubblica. Da questo archetipo, egli sviluppa la teoria dei tre principi delle forme di governo: la virtù nella repubblica, l’onore nella monarchia, la paura nel dispotismo.
L’influsso di Machiavelli nelle teorie di Montesquieu è innegabile, si pensi ai numerosi punti di contatto nelle opere dei due autori ed al fatto che molti studiosi leggono gli scritti di Machiavelli con il fine di rintracciarne il seme, seppur a volte embrionale, delle idee approfondite dal Montesquieu o ne affrontano lo studio in parallelo, evidenziando tra le teorie somiglianze e divergenze.18
Non sono da trascurare le divergenze tra alcune visioni dei due autori, si pensi nello specifico alla fuga del Montesquieu da quei pensieri figli del rinascimento italiano che egli stesso ritiene siano individualistici e amorali,19 che guardano alla politica esente da obblighi o principi morali superiori.
Montesquieu, come afferma Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, ha il merito di individuare le regole che si possono applicare in relazione alla natura del governo e “la soluzione di ciò che in ciascuna potrebbe prospettarsi all’improvviso, la conoscenza dei suoi vantaggi, dei suoi difetti e delle sue possibilità.” (MOREAU DE MAUPERTUIS, 2011, p. 93).20 In particolare, suggerisce al legislatore di prestare attenzione al fatto che anch’egli è soggetto alle passioni umane e consiglia una produzione normativa semplice e parsimoniosa.21
La teoria dei tre poteri dell’Esprit des Lois nasce dal fascino di Montesquieu per le idee di Aristotele (1853) e Locke (1887), rafforzate dal viaggio in Inghilterra, dove osserva l’assetto di equilibrio nei poteri della monarchia britannica.
Altra considerazione importante è quella relativa agli autori successivi. Occorre, cioè, analizzare alcuni sviluppi sulla teoria della separazione dei poteri. Teorie particolari sono quelle di Hans Kelsen e Sun Yat-sen. Il primo ritiene superflua la distinzione in tre poteri, preferendo quella tra la creazione e l’applicazione delle leggi.22 Il secondo aggiunge ai tre poteri altri due: uno che consiste nel controllo della conformità dell’attività del governo alle leggi statali [censorship] e l’altro nella selezione tramite concorsi di coloro da impiegare nell’amministrazione pubblica [examination]. Egli distingue, così, cinque poteri: executive, legislative, judicial, censorship, examination (CHEN; PAYNE, 1946, p. 181).23
Montesquieu, come è solito tra i viaggiatori, una volta messo piede sul suolo patrio, terminata la peregrinazione, tira le somme sul suo viaggio. Egli raccoglie e dà ordine alle sue note che presenta all’Accademia di Bordeaux. I primi risultati sono le Memorie sulle miniere e le Riflessioni sugli abitanti di Roma. Ma non si adagia su questi allori modesti, è pronto a sviluppare nuovi progetti, nuove idee traendo spunto da ciò che il viaggio gli ha insegnato sia consciamente sia inconsapevolmente.
Il baron de La Brède con l’opera “storiografica”24 le Considérations sur les causes de la grandeur des romains, et de leur décadence affina il proprio metodo, quasi fosse un banco di prova. Egli si sofferma principalmente sulle cause della grandezza e della decadenza dei Romani. Ricerca quella imparzialità della quale chiede il conto alla storiografia,25 quella conoscenza critica delle fonti memorialistiche. Montesquieu si concentra più sulle cause della grandezza e decadenza, senza tentare di ricondurre la realtà che lo circonda agli stessi schemi verificatisi. Qui l’importanza delle cause, che possono essere le più varie, cattura la sua attenzione. Si tratta di un’analisi sociologica dei fenomeni, senza voler trarre delle regole sempre costanti ed applicabili alle situazioni passate, presenti e future.26 Fortificato nella mente dai suoi viaggi, egli sa bene che varie cause incidono sugli eventi e sulla politica di uno Stato. Utilizzando le parole di Paolo Raffaele Trojano, Montesquieu si occupa della fisica della storia.27 Un approccio quello di Montesquieu che preferisce le problematiche. Non si tratta di una storia tecnica del diritto, ma si tratta di analisi del rapporto tra il diritto e l’ordinamento politico. Il baron de La Brède si muove dal piano dottrinale con le Lettres Persanes e il Traité des devoirs al piano tangibile con i Voyages e le Réflexions sur la monarchie universelle, senza mai mancare di riferimenti storici. La storia fornisce l’aiuto per ricercare i dati empirici ed è terreno di verifica della coerenza delle osservazioni e delle intuizioni. Egli rafforzerà le sue idee, in vista De l’Esprit des Lois, sulle passioni umane, clima, usanze e religione. Le Considérations sur les causes de la grandeur des romains, et de leur décadence sono la fase sperimentale su cui procederà la costruzione teorica.
L’elemento che brilla in modo particolare nel metodo di Montesquieu, la concezione relativistica della realtà, enunciato già nelle Lettres Persanes (MONTESQUIEU, 1875 [1721]), attuato nei viaggi, sperimentato nelle Considérations sur les causes de la grandeur des romains, et de leur décadence, trova il suo massimo splendore nel De l’Esprit des Lois che egli stesso definisce frutto delle riflessioni di tutta la sua vita (PENSÉES, III, fol. 112v, n. 1868; COTTA, 1953, p. 331).
Il viaggio di Montesquieu è un metodo d’indagine originale: la comparazione delle realtà sociali e istituzionali osservate, da cui ricostruisce i principi delle forme di governo. Il viaggio fisico coincide con il viaggio metaforico. Egli assapora con vivace curiosità la realtà che incontra, si cala nei meccanismi e nella cultura dei luoghi, al fine di comprenderne ogni aspetto del funzionamento. Ricerca le cause che possono rendere grande una civiltà ed i valori guida che ogni forma di governo dovrebbe avere. Il viaggio diventa quasi un esodo biblico. Montesquieu passa dal girovagare nel deserto delle delusioni, dove raccoglie manne un po’ ovunque, quegli insegnamenti applicati alle sue idee che lo aiuteranno a correggere la portata delle sue teorie, fino al giungere alla “terra promessa” della sua opera somma: De l’Esprit des Lois.
Il baron de La Brède, come i viaggiatori più accorti sanno, si accorge che in un viaggio non conta tanto la destinazione a cui si giunge, ma il cammino percorso: la vera essenza sta nel viaggio. A tal proposito scrive Konstantinos Petrou Kavafis (CAVAFY [KAVAFIS], 1961, p. 36-37): “Itaca ti ha dato il bel viaggio […] e se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.” Anche la sconfortante visione di alcune repubbliche italiche e olandesi dà a Montesquieu importanti insegnamenti e le suggestioni nella sua opera si possono avvertire. Il viaggio è importante per quello che ha insegnato, senza un approccio pratico diretto molte intuizioni sarebbero rimaste incompiute o semplice inchiostro su carta fine a se stesso, senza scatenare la riflessione attenta dei lettori successivi e la sua opera non sarebbe mai diventata un testo utilizzato come riferimento durante la rivoluzione francese per il senso pratico che riesce a trasmettere.
Montesquieu ha avuto l’intuizione di comprendere quel che il viaggio realmente può significare: un importante metodo di indagine. Nello studio dei fenomeni la teoria non può prescindere dalla pratica ed egli ha bisogno di osservare, toccare con mano, calarsi nella cultura e nella realtà sociale ed istituzionale dei popoli che visita. Il viaggio costituisce un fondamentale banco di scuola e come uno studente assetato di conoscenza non indugia a prendere nota, interrogare le persone depositarie della conoscenza e che possono aiutarlo a comprendere le dinamiche sociali. Si pensi alla fortuna o semplicemente al caso che lo ha portato ad incontrare individui che hanno risposto alle sue numerose domande, perché anch’egli ha intuito l’importanza del dialogo tra diverse culture. Dal confronto dialettico e dal mettersi in gioco nascono le migliori intuizioni, fossilizzarsi sempre nello stesso ambiente non sarebbe stato costruttivo. Il viaggio in ambienti diversi, come poteva essere l’Europa dell’epoca, ha contribuito anche a far notare aspetti della propria realtà quotidiana al Montesquieu, che fino a che fossero stati relegati nella abitudine sarebbero rimasti inosservati. Si tratta di un cambio di prospettive, di mettere in discussione quanto già si dà per scontato, abbandonando certezze e sicurezze, per il fine dell’analisi scientifica e completa. Il barone de La Brède abbandona le proprie certezze che perdono lo scontro con la realtà, a volte deluso dall’osservazione delle repubbliche italiche e olandesi, a volte sorpreso si ricrede sui preconcetti aderendo con stupore alle novità che vede esplicarsi nel gioco di equilibri dei poteri nella monarchia britannica. Il viaggio non è tristezza, né esilio dantesco, ma diviene la gioia della scoperta. La forza di Montesquieu sta proprio in questo, non deludersi quando la realtà si rivela distante dai preconcetti, dalle certezze libresche, gelida e fredda straniera, ma saper trarre preziosi insegnamenti dalle situazioni che vive, da ciò che osserva. Egli con il De l’Esprit des Lois ha dimostrato che non è solo un modo di dire che il viaggio apre la mente, trovandosi “ricco dei tesori accumulati per la strada” (CAVAFY [KAVAFIS], 1961, p. 36). Forse, nemmeno si aspetta tutte le ricchezze del suo bagaglio riflessivo alla fine del viaggio, quali la crescita di pensiero e di un critico senso pratico. Il suo metodo così originale lo ha portato a scrivere la sua più importante opera che ancora oggi costituisce un argomento di studio ed ispirazione per la rilevanza e l’attualità delle sue riflessioni che abbracciano più aspetti della vita sociale ed istituzionale. Egli porta come souvenirs indelebili nella sua mente tutte le sfaccettature della vita sociale, politica, istituzionale e delle forme di governo che ha incontrato nel suo peregrinare e dà ampio sfogo nelle riflessioni contenute nel De l’Esprit des Lois alla più alta commistione tra ciò che ha visto e ciò che ha letto.
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