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Fraseologia dell’algherese: risorse e nuovi impulsi per la fraseografia e la fraseodidattica di una varietà linguistica minoritaria italiana*
Fraseologia dell’algherese: risorse e nuovi impulsi per la fraseografia e la fraseodidattica di una varietà linguistica minoritaria italiana*
Linguistik online, vol. 115, núm. 3, pp. 39-71, 2022
Universität Bern

Abstract: The Catalan of Alghero is poorly documented at a lexicographic level, and the number of phrasemes to be found in the dictionaries is small. So, where can such word combinations be found and how can they be included in dictionaries? The present article aims to answer these two questions, giving a first overview of the phraseography of diatopic varieties in Italy, fol- lowed by information on Algherese and the description of possible resources from which the relevant information could be drawn. This is followed by a sociolinguistic investigation show- ing the complexity of the topic and a few divergencies from Italian, of which one should take account in the phraseodidactics of Algherese.
1 Introduzione
Gli studi fraseologici e fraseografici delle varietà diatopiche d’Italia sono ancora in fase di sviluppo nonostante nel corso degli anni ci siano stati progressi significativi (cf. ad es. Autelli 2000: 101 e in stampa). Per ciò che riguarda la fraseologia dialettale analizzata nella penisola italiana, si annoverano tra i primi studi quelli di Franceschi (ad es. 1994 e 1999) incentrati sul suo Atlante Paremiologico Italiano; seguono poi gli studi di Monica Cini (2005), che si concentra sui Problemi di fraseologia dialettale indagando nelle zone del Salbetrand e Bellino, focalizzandosi sul patois e sul piemontese, e i contributi sulla fraseologia regionale e dialettale di Lurati (2002, 2006) e D’Achille (2010). Negli ultimi quattro anni ci sono stati sviluppi interessanti nella fraseografia genovese-italiana grazie ai progetti GEPHRAS (2018–2021 e GEPHRAS2 (in prep.), risultanti in un unico dizionario e le pubblicazioni a essi correlate.1 Per quanto riguarda invece le cosiddette “fraseologie storiche” incentrate su dialetti italiani, si ricor- dano in particolare come quella toscana di Collina (1817), quelle siculo-toscane di Caglia Ferro Ruibal (1840), e di Castagnola (1865) e quelle venete di Collina (1817) e Mutinelli (1851, 1852); inoltre, già nel XVI secolo Montemerlo pubblicava Delle phrasi toscane (Montemerlo 1566), ripubblicate qualche anno dopo in un Tesoro della lingua toscana (1594) (cf. anche Fanfani in stampa). In aggiunta, nella seconda metà del XIX secolo Percolla (1870, 21899) includeva anche la fraseologia siciliana nella sua Piccola fraseologia italiana. Nel XXI secolo sono state pubblicate delle cosiddette “fraseologie” bolognesi (Lepri 2009) e galluresi (Scampuddu/Demuru 2006), che corrispondono grosso modo a delle raccolte di fraseologismi in senso lato (ad es. collocazioni, espressioni idiomatiche e proverbi) con tanto di traduzioni in italiano e di eventuali spiegazioni (occasionali nel primo e sistematici nel secondo); tuttavia va evidenziato che in generale tali opere contententi il termine “fraseologia” (o termini che presentano la stessa radice) nel titolo (o sottotitolo) possono avere sembianze di diverso genere, passando da manuali scolastici, dizionari, eserciziari o a manuali per viaggiatori (cf. ad es. Autelli 2021b, 2021c e 2022b); si ricordano l’importante dizionario di Monosini (1604) e anche i cosiddetti “frasari” (ad es. Malatesta Garuffi (1720), Salomoni (1810) e A. F. (1890)), anch’essi contenenti numerosi fraseologismi.
È attualmente in stampa il primo volume dedicato alla fraseografia di diverse varietà diatopiche (Autelli/Konecny/Lusito in stampa)2, che include ricerche incentrate sia sul genovese, sia sul toscano e sul friulano. Come si nota dagli studi condotti, la maggior parte dei dizionari di queste varietà sono ancora di carattere ascientifico e non prevedono l’integrazione dei fraseologismi in modo sistematico (ad eccezione di GEPHRAS e GEPHRAS2). Gli esempi documentati nei dizionari sono spesso insufficienti, per cui si ha l’evidente esigenza di incrementarne la regi- strazione, in particolare per le varietà diatopiche che sono a più rischio (cf. UNESCO 1995– 2010). Per ciò che riguarda gli italiani regionali, va menzionato un dizionario di Núñez Román (2015a), dedicato allo studio di ciò che l’autore chiama “polirematiche regionali” (2015b), ossia fraseologismi che caratterizzano le diverse regioni d’Italia. Inizia a esserci sempre più consa- pevolezza fraseologica anche per le lingue minoritarie parlate sul territorio italiano. Ad esem- pio, per il ladino alcuni dizionari contengono qualche fraseologismo denominato generalmente “locuzione” (come “dent de cianton3 – canino” da ritrovare sotto al lemma “dent” nel DLS (2021) e sono disponibili numerosi studi che contengono il termine “fraseologia” (ad es. Bauer 2016); per il sardo, nel 2000 è stato pubblicato un dizionario definito come “fraseologico” (ed etimologico) (Pittau 2000) che contiene più combinazioni di parole, tuttavia senza etichettature fraseologiche; inoltre l’ordine in cui sono collocati i fraseologismi non è sistematico perché essi non sono registrati né in ordine alfabetico né viene fatta una distinzione tra le diverse categorie morfosintattiche. Per quanto non sia sempre possibile attingere a molti corpora perché non sem- pre esistenti o accessibili per le diverse varietà diatopiche, altre fonti utili per reperire i fraseo- logismi delle varietà diatopiche sono certamente i diversi atlanti linguistici, tra cui AIS (1928– 1940), NavigAIS (2019) e VerbaAlpina (cf. Krefeld/Lücke 2014–) e i dizionari etimologici che sono ricchi di informazioni utili (si veda ad esempio il LEI, da 1979).
Nonostante la raccolta di più fraseologismi segni indubbiamente un buon punto d’inizio per poter condurre degli studi fraseologici, per alcune varietà – tra cui il catalano di Alghero, che verrà trattato più nel dettaglio in questo contributo – si evidenziano non solo la quasi totale assenza di studi di fraseologia,4 ma anche la mancata analisi di repertori per identificare una fraseologia utile a scopi lessicografici e didattici.
Per questi motivi, in quanto segue si indagherà sulle fonti in cui si possono ritrovare alcuni fraseologismi algheresi (e in che forma), e si illustreranno i risultati di una breve indagine sociolinguistica per dare un assaggio della complessità della traduzione di alcune combinazioni lessicali al fine di cercare di fornire anche alcuni spunti per la fraseodidattica dell’algherese.
2 L’algherese
Per quanto le origini di Alghero siano tradizionalmente ricondotte alla fortificazione nel 1102 di un piccolo borgo di pescatori da parte della famiglia genovese Doria, a causa delle scarse documentazioni storiche disponibili è impossibile stabilirne con certezza la data di fondazione. Nel 1353 la cittadina fu conquistata dalla Corona d’Aragona e nel 1354, in seguito a una ribel- lione degli algheresi fomentati dai genovesi, il sovrano Pietro il Cerimonioso decretò la sosti- tuzione totale della popolazione con genti di estrazione catalana, l’imposizione del catalano come unico idioma per usi formali e familiari e l’interdizione per i sardi e liguri di contrarre matrimoni con i nuovi algheresi o di risiedere all’interno delle mura urbane. Nonostante il suc- cessivo superamento di questi divieti e il passaggio dalla Corona aragonese a quella castigliana, Alghero mantenne pressoché inalterata la sua identità culturale e linguistica catalana fino all’av- vento dei monarchi sabaudi e alla loro politica di italianizzazione, particolarmente accentuata dopo l’unità del Regno d’Italia, che relegò l’uso del catalano agli strati più bassi dei parlanti.
Dal punto di vista linguistico, l’algherese è una varietà ibrida caratterizzata da numerosi arcai- smi e da cospicui sardismi, castiglianismi e italianismi, inserita nel macrogruppo del catalano orientale di cui fanno parte il rossiglionese, il catalano centrale e il balearico (cf. Caria 2014). Con la consapevolezza che per ragioni di spazio sarebbe impossibile riportare tutti i tratti che contraddistinguono l’algherese dal catalano standard (da ora CS) e dal resto delle varietà del dominio linguistico catalano, fra le caratteristiche peculiari della varietà algherese si possono ricordare la pronuncia con timbro indistinto di . ed . in posizione atona, come in pare [ˈpaɾa] ‘padre’ e mare [ˈmaɾa] ‘madre’; la tendenza alla pronuncia in . per . atona come in molí [muˈɾi] ‘mulino’ o olor [uˈɾo] ‘odore’5; il rotacismo di -.- e -.- in posizione intervocalica, come nel caso di acabada [akaˈbaɾa] ‘conclusione’ o di àliga [ˈaɾiga] ‘alga’6; le metatesi regressive di -r nei nessi consonantici -br e -dr come in entendre [anˈtɾenda] ‘sentire’ o pebre [ˈpɾeba] ‘pepe’; la suffissazione su chiara base italiana in -utxo[ˈutʃu] al maschile e -utxa [ˈutʃa] al femminile per i diminutivi e i vezzeggiativi; l’inversione della posizione di ausiliare e participio passato nelle frasi interrogative, su matrice sarda e in netta contrapposizione in quanto avviene nelle frasi del CS o dell’italiano; i numerosi sardismi legati soprattutto all’ambito lessicale relativo al mondo agropastorale; i castiglianismi penetrati dopo il sopravvento in Sardegna dello spa- gnolo sul catalano come lingua ufficiale per gli usi colti e amministrativi; gli italianismi introdotti per le innovazioni lessicali e alcuni lemmi puramente algheresi riconosciuti anche dal dizionario catalano normativo (cf. Toso 2012; Caria 2014, 2018)
3 Possibili risorse da dove trarre la fraseologia algherese
3.1 Dizionari
Pur essendo una varietà diatopica parlata soltanto da circa un terzo degli abitanti di Alghero e delle sue frazioni,7 il catalano di Alghero è stato oggetto di numerosi studi linguistici e di diverse raccolte lessicali (tuttavia non di impronta fraseologica, cf. ad es. Caria (1995) per dei termini appartenenti all’ambito marinaresco e Bosch i Rodoreda (2012) per il lessico agrario). Si ricordano inoltre le opere etimologiche di Corbera i Pou (1994, 2000). Ancora oggi scarseggiano tuttavia i dizionari relativi al catalano di Alghero, fra i quali il più degno di atten- zione dal punto di vista della fraseologia è quello di Sanna/Subirats/Pascual (1988), che per alcuni lemmi riporta qualche fraseologismo seppur non evidenziato o etichettato in alcuna maniera. Si veda un esempio (la formattazione, inclusi i caratteri in corsivo o grassetto, corriponde a quella dell’originale):

Come si nota, oltre alla pronuncia e ai vari significati del lemma, vengono documentate alcune combinazioni di parole come aigua de pluja (‘acqua piovana’) e aigua santa (‘acqua santa’), che secondo la terminologia romanza corrisponderebbero a fraseologismi nominali o a compo- sti endocentrici. Alcuni fraseologismi sono presenti anche in forma di frasi esemplificative, come in Això no és vi, és aigua! (‘Questo non è vino, è acqua!’), che corrisponde allo stesso tempo a un fraseologismo comunicativo. Il dizionario non segue tuttavia una sistematicità rigo- rosa: i fraseologismi si devono spesso cercare all’interno di frasi esemplificative e il numero delle combinazioni (se presenti) per lemma è estremamente limitato.
Fra gli altri dizionari si ricordano il minidizionario italiano-algherese appartenente alla serie di volumetti che compongono Il sardo in tasca. Dizionario comparativo della lingua di Sardegna (Arca 1997) e una parte del Vocabolario sardo-italiano (Associazione Culturale Il Popolo Sardo 2006), che tuttavia si limitano alla traduzione di singoli lemmi piuttosto che di fraseolo- gismi; infine esiste un dizionario gratuito online dedicato al catalano algherese e intitolato Diccionari de Alguerés (Soggiu et al. 2009). Quest’ultimo non solo risulta molto pratico per il fatto di essere disponibile in rete, ma mostra traduzioni di singoli termini ed eventuali combi- nazioni di parole nella parte generale (qui tuttavia molto rare, perché ne sono state ritrovate solo quattro in tutto il dizionario: a bonu, a mà a mà, a mos veure, a redós, a redosso,8 va tuttavia evidenziato che vengono elencate di verse tipologie di fraseologismi nella sezione da ritrovare sulla sinistra intitolata “Ditxos”) riportati in algherese e tradotti (ove possibile) in catalano stan- dard e in italiano. Seguono due schermate che mostrano la struttura del dizionario:


Come si può osservare dalla Figura 2, sono state lemmatizzate sia singole parole sia fraseolo- gismi, con le eventuali varianti (ad es. a rédos, a redosso). Se si clicca su uno di essi, general- mente si accede agli equivalenti sia in catalano sia in italiano. L’esempio dato a mà a mà, cor- risponde al catalano a poc a poc. Sorprende tuttavia che come traducente in italiano venga dato solamente l’equivalente esatto mano a mano, mentre sia stato escluso l’uso di sinonimi (ad es. poco alla volta, di volta in volta, poco a poco). È utile il fatto che si cerchi di indicare (oltre alla funzione) sia la pronuncia (purtroppo non in IPA, che potrebbe aiutare a risolvere potenziali dubbi) sia eventuali esempi contrassegnati in corsivo (con tanto di fonte), per i quali manca comunque la traduzione. È certamente innovativo (almeno per le varietà diacroniche parlate in Italia) il fatto che siano previsti file audio nel dizionario, anche se non tutti sembrano funzionare al momento.10 Gli autori hanno inoltre optato per la possibilità di poter inserire dei commenti, in modo da coinvolgere la comunità linguistica e dunque adottando un approccio collaborativo (cf. ad es. Abel 2006: 44). Resta aperta la questione se tutti i commenti aggiunti dagli utenti siano davvero pertinenti. Ad es. per il dizionario fraseologico genovese-italiano GEPHRAS/ GEPHRAS2, si è adottata la scelta di un approccio semi-collaborativo (cf. anche Melchior 2009: 90 e Melchior/D’agostini 2011: 252 e ss.), per cui gli utenti possono contribuire alla realizzazione del dizionario mandando una mail agli autori, che poi ne valuteranno il contenuto (cf. ad es. anche Autelli/Konecny 2020: 29). Nel dizionario dell’algherese sono completamente assenti le note metalinguistiche, che potrebbero dare informazioni essenziali sull’uso di un fra- seologismo, ad es. sul registro, o aggiungere delle informazioni sulla referenza o sul contesto, o ancora spiegare il significato di alcune espressioni polisemiche. In tale repertorio mancano inoltre anche delle informazioni sulla valenza, per cui può risultare difficile sapere quali attanti o preposizioni può richiedere un verbo. Dal punto di vista fraseografico, si potrebbe inoltre distinguere tra diversi tipi di fraseologismi, usando denominazioni o simboli che li distinguono come tali, prevedendo delle sezioni per ogni categoria oltre a eventuali subcategorie. Ad es. in GEPHRAS/GEPHRAS2 si sono separate le collocazioni dalle espressioni idiomatiche dai fra- seologismi comunicativi, comparativi (che possono essere sia idiomatici sia non) e strutturali. Le prime due categorie sono suddivise anche in ordine morfosintattico e al loro interno, tutte le categorie sono predisposte in ordine alfabetico. Si veda ad es. l’entrata di bira(‘birra’):




Un altro aspetto non trattato nei dizionari dell’algherese è anche la documentazione di fraseo- logismi storici, che andrebbero distinti da quelli di uso corrente, scelta adottata ad es. anche nel dizionario GEPHRAS/GEPHRAS2 (le combinazioni storiche sono tratte da testi che vanno dalle origini fino al 1815, da ritrovare nel DESGEL, cf. Toso in stampa).
Certamente, sviluppare un dizionario fraseologico non è un’impresa semplice: innanzitutto, l’algherese non dispone di un “lessico di base” ufficiale (simile al DIB 1996) da cui partire, per cui andranno cercati con criterio dei lemmi fondamentali con cui iniziare l’opera fraseografica. In questo caso, si potrebbe procedere come spiegato ad es. da Autelli (2020: 114–115), facendo ricorso a diversi criteri, come alla frequenza dei lemmi nei dizionari e nelle opere didattiche, oltre che alla competenza di persone di madrelingua che ne siano in grado di confermarne l’uso frequente. Per l’algherese si potrebbe ricorrere anche ai corpora disponibili in rete consultabili liberamente da qualsiasi tipologia di utente. In ogni caso, i lemmi selezionati dovrebbero ideal- mente essere classificati secondo determinate strutture morfosintattiche.
Va infine evidenziato il problema della grafia: sebbene esista una grafia ufficiale dell’algherese elaborata dal Comune di Alghero in collaborazione con l’Università di Sassari (cf. Scala 2003), questa è ignorata dalla maggior parte dei parlanti, che tenderebbero a fare delle ricerche nel dizionario scrivendo in diversi modi. Per ovviare a questo problema è importante, se si offre una versione elettronica, fornire la possibilità di fare ricerca con più tipi di grafie (come tra l’altro in GEPHRAS/GEPHRAS2, cf. Autelli 2020: 118; Autelli 2021a: 276).
3.2 Raccolte popolari
L’utilizzo delle tradizioni popolari da parte degli scrittori affonda le sue radici in epoche sicu- ramente remote, e già nel medioevo si faceva un riferimento esplicito all’importanza degli in- segnamenti tramandati sotto forma di detti o esempi, la cui conoscenza era considerata neces- saria per chiunque intendesse occuparsi di letteratura (cf. Marie de France 1170 ca.). L’insieme delle fonti letterarie di derivazione popolare può essere riassunto in forme orali o scritte, con tematiche prevalentemente di carattere religioso, narrativo, istruttivo, omiletico, profano e di intrattenimento. Le tipologie principali di testi scritti prevedono, fra le altre, i catechismi, i li- bretti popolari, i calendari e raccolte di proverbi, fiabe o leggende (cf. Schenda/Sordi 1997). Nel caso dell’algherese, ma anche per altre varietà linguistiche minoritarie che possono essere definite “deboli”, la paraletteratura è stata uno degli strumenti più efficaci che hanno garantito non solo la sopravvivenza delle tradizioni in sé, ma anche della lingua storica attraverso la quale queste sono veicolate. Fra le pubblicazioni di maggior prestigio vale la pena ricordare il volume dedicato agli usi e ai costumi di Alghero di Joan Palomba (1911), autore anche della Gramma- tica del Dialetto Algherese odierno del 1906. Nella sua opera, Palomba dedica un ampio spazio agli indovinelli, alle formule di giuramento, alle bestemmie e imprecazioni, alle leggende, ai proverbi e ai detti e anche ai soprannomi (cf. Nughes 1996). Di questi ultimi esiste peraltro anche un nutrito inventario storico risalente ai “Registres de danys de la Barracelleria” (S. N. 2011a) in vigore dal XVI al XIX secolo e nei “Registros de bestiar vivo” (S. N. 2011b) in uso dal XVII secolo al XIX (cf. Bosch i Rodoreda 2011),11 nei quali oltre al cognome dei ricorrenti compare anche la trascrizione notarile dei malnoms . xistos (‘soprannomi’) con funzione iden- tificativa. Fra le raccolte popolari una menzione speciale spetta allo storico Calendari alguerés, che nel 2021 è giunto alla sua 43esima edizione e che nacque come un esperimento didattico da parte del maestro di scuola elementare Fidel Carboni e che propone in lingua algherese i nomi dei mesi e dei giorni della settimana, oltre a ricette di cucina, proverbi, filastrocche, poesie e notizie di interesse storico. Analogamente, sono di sicuro interesse filologico le tre pubblica- zioni Maneres de diure I . II (Loi 2017, 2018) e Ditxos, Juraments i Flastomies (Pinna 2021). D’accordo con l’autore dei primi due libretti citati, le “maneres de diure” corrispondono a espressioni composte eventualmente anche da parole singole che hanno assunto un significato traslato (ad es. ascalbussat, che dal significato di un’‘arma’ designa ora una ‘persona veloce’, Loi 2018: 13), da composti idiomatici come L’espina al topu (Loi 2018: 24) (letteralmente ‘la spina allo zoppo’, che indica un accanirsi ironico della sorte nei confronti di chi è già sfortunato. La grafia corretta per l’ultimo vocabolo dovrebbe comunque essere ‘topo’), i proverbi come Lo cutxo de l’hortolà no menja, ni deixa menjar (‘il cane dell’ortolano non mangia e non lascia mangiare’), o Més t’abaixes més lo cul mostres (Loi 2017: 25) (‘più ti abbassi e più mostri il culo’), che vengono seguiti da delle spiegazioni in algherese. Tali espressioni possono avere un significato esclamativo, scherzoso, volgare o offensivo che può di volta cambiare a seconda della circostanza o delle persone a cui si riferisce; inoltre, per la prevalente oralità che ne ha da sempre caratterizzato la trasmissione tali fraseologismi possono aver subito modifiche interpre- tative o linguistiche nel corso del tempo (cf. la prefazione di Carlo Sechi, in Loi 2017: 6–9) e che insieme ai detti, ai giuramenti, alle bestemmie elencati nel terzo volumetto12 e a tutte le raccolte di filastrocche o leggende pubblicate negli anni ad Alghero, confermano ancora una volta il forte attaccamento alle tradizioni da parte degli algheresi, figli di quella catalanizzazione medievale che ancora oggi “contraddistingue linguisticamente, mentalmente, forse anche cul- turalmente, buona parte di essi, caratterizzandoli con schemi, strutture espressive e tipologie culturali in buona misura differenti dalle caratteristiche usuali di gran parte degli abitanti del resto dell’isola.” (Castellaccio 1994: 132).
3.3 Atlanti linguistici
Per la varietà algherese è possibile consultare diversi atlanti linguistici, alcuni dei quali sono anche in formato digitale.13 Fra questi, un posto di rilievo spetta senza dubbio all’“Atles Lingüístic del Domini Català”, a cura di Joan Veny e Lídia Pons i Griera (2021), che consiste in una raccolta di dati relativi a 190 varietà dialettali corrispondenti ad altrettante località geo- grafiche del dominio linguistico catalano nata con l’obiettivo precipuo di rendere disponibili a studiosi o a semplici interessati di dialettologia catalana i risultati elicitati negli anni ’60 e ’70 del XX secolo da diversi ricercatori sotto forma di questionari orali o narrazioni libere, trascritti direttamente con l’alfabeto fonetico internazionale. I materiali dell’Atles Lingüístic del Domini Català (Veny/Pons 1998) sono raccolti in libri suddivisi in tre categorie: a) l’atlante linguistico strictu sensu, di cui sono stati pubblicati nove volumi suddivisi per argomenti e che sono quelli effettivamente consultabili anche online;14 b) il Petit Atles Lingüístic del Domini Català (Veny/Pons 2021), sei volumi interpretativi (è prevista la pubblicazione di nove volumi in totale) composti da una selezione di mappe e liste presenti nell’Atles Lingüístic del Domini Català, ciascuna delle quali dedicata a un fenomeno linguistico specifico. Ogni volume presenta la medesima strutturazione, che rispetta il seguente schema: 1. una breve introduzione con indicazioni pratiche; 2. le carte linguistiche vere e proprie, che con l’uso di colori diversi e di brevi commenti illustrano i diversi fenomeni linguistici indagati; 3. le fonti bibliografiche di riferimento; 4. un glossario relativo alla terminologia linguistica utilizzata; 5. l’indice alfabetico di tutte le località indagate; c) gli etnotesti, che consistono in tre volumi che raccolgono le registrazioni orali presentate in trascrizione fonetica e in grafia convenzionale. La sezione relativa agli etnotesti prevede la pubblicazione di tre volumi, dedicati rispettivamente al catalano orientale (che comprende la varietà algherese), al catalano nord-occidentale e al valenciano, ma a oggi è stato pubblicato solo la parte del catalano orientale. Un’altra risorsa online di grande interesse è rappresentata dal VIVALDI – Vivaio Acustico delle Lingue e dei Dialetti d’Italia. Il progetto, a cura di Roland Bauer, Carola Köhler, Marcel Lucas Müller e Fabio Tosques per l’Istituto di Lingue Romanze della Humboldt-Universität zu Berlin, consta di una raccolta interattiva e “parlante” dei dati linguistici relativi 19 regioni italiane (alla data attuale, l’unica regione completamente assente è quella delle Marche) con le registrazioni audio e le relative trascrizioni fonetiche. Per ogni regione italiana, VIVALDI offre l’elenco delle località indagate, per le quali riporta alcune notizie generiche (toponimo, provincia amministrativa, eventuale punto di riferimento nelle mappe dell’Atlante Linguistico Italiano (ALI)15 e dell’Atlante Linguistico ed Etnografico dell’Italia e della Svizzera Meridionale (AIS),16 siti Internet divulgativi o istituzionali, localizzazione in Google Maps, dati anagrafici degli informanti, anno di registrazione dei dati e nome del ricercatore incaricato) oltre a una suddivisione in sezione fonetica, sezione lessicale, sezione morfologica, sezione sintattica17 e la traduzione della parabola del figliol prodigo. In ultima analisi si segnala il progetto Atles interactiu de l’entonació del català dell’Universitat Pompeu Fabra di Barcellona,18 che ha come obiettivo lo studio delle varietà catalane (cf. la Figura 5) a partire dalle peculiarità prosodiche e fonetiche che le caratterizzano. Segnatamente, le ricerche si sono concentrate sulla parlata algherese, quella balearica, sul catalano centrale, nord-occidentale, settentrionale e sul valenciano per un totale di 70 località geografiche. Per ognuna delle varietà indagate, sono state utilizzati tre strumenti metodologici: 1) l’indagine situazionale (con 50 quesiti semantici), 2) il map-taskcollaborativo fra due parlanti, di cui uno ha una mappa con un percorso tracciato per raggiungere una destinazione fittizia e riveste il ruolo di instruction-giver o fornitore di istruzioni, mentre l’altro ha una mappa leggermente diversa e priva di percorso tracciato, e per raggiungere la destinazione indicata deve seguire le indicazionie fornite, assolvendo così alla figura del map-follower; 3) un’intervista video di circa 15 minuti per ogni informante, basata su parlato spontaneo in situazioni informali e con interventi scarsi o nulli da parte degli intervistatori.

3.4 Corpora
Al contrario di molte altre varietà diatopiche, esistono numerosi corpora orali dell’algherese, qui elencati in ordine alfabetico: AMPER-Cat (Martínez Celdrán/Fernández Planas 2015), L’Alguer. Primera campanya de gravacions de literatura popular de tradició oral (Armangué i Herrero/Scala 1997), Corpus de l’Atles interactiude l’entonació del català (Prieto/Cabré 2010), Històries de l’Alguer, entre la marina i la campanya (Bosch i Rodoreda/Sanna 1996), Corpus Oral de l’Alguerès (Ballone 2000–2008), Conversa amb… Corpus Oral de l’Alguerès (Corbera/Chessa 2009). Per quanto tali corpora siano incentrati sulla prosodia, vengono riportati in forma scritta dialoghi e interviste che contengono diversi fraseologismi, come collocazioni in forme coniugate come han fet una ricerca (‘hanno fatto una ricerca’) o teniu calor (‘avete caldo/siete accaldato/i’) (in Martínez Celdrán/Fernández Planas 2015), o fraseologismi nominali come una botiga de vestits (‘bottega di vestiti’, in Prieto/Cabré 2010), música jazz (‘musica jazz’) o fraseologismi comunicativi come És veritat (‘È la verità’) (in Martínez Celdrán/Fernández Planas 2015). Vengono inoltre riportati anche alcuni testi di racconti e canzoni, contenenti anch’essi diversi fraseologismi (ad es. Obri la porta da ritrovare nel “Conte del Sidaru de la dona del carrer de Sant Francesc” (S. N. 1997a), casa de la mare in “Escoltau l’afet com va” (S. N. 1997b) e Vérgina de gran pietat in “La gràcia i la raó” (S. N. 1997c), tutti tratti da Armangué i Herrero/Scala (1997). I corpora di Bosch i Rodoreda e Sanna e quello di Ballone, oltre a contenere canzoni e narrazioni, comprendono anche poesie.
I testi ritrovati nei corpora sono molto utili per fare delle ricerche fraseologiche e spesso provengono da informanti di una certa età (ad es. Corbera intervista ultra settantenni). Per fare studi più approfonditi sarebbe senza dubbio interessante raccogliere i testi proposti e inserirli su Sketch Engine (Kilgarriff et al. 2004), tuttavia la ricerca potrebbe essere difficile per chi non dovesse conoscere bene l’algherese, specialmente dal punto di vista delle norme ortografiche o grammaticali. Poiché i testi non sono tradotti in italiano, bisognerebbe dunque rafforzare la collaborazione con persone di madrelingua algherese per capire correttamente il significato dei testi e dei singoli fraseologismi, oltre che fornire sempre gli equivalenti italiani.
3.5 Social
Impostando come chiave di ricerca la parola alguerés o un lemma simile nelle apposite sezioni dei principali social media, si è potuto notare come la varietà algherese goda di una buona presenza soprattutto su Facebook e in misura minore su Twitter, mentre su Instagram sembri essere praticamente assente. In merito a Facebook i primi risultati riportano a pagine di carattere istituzionale, fra cui vale citare lo sportello linguistico “Ofici Lingüístic de l’Alguer”, che offre notizie in catalano algherese normativo relative alla cucina, alla lingua e più in generale alle feste o ai giochi tradizionali. Di tenore più ufficiale è la pagina gestita dalla .Delegació del Govern a Itàlia. Ofici de l’Alguer”, l’ufficio di rappresentanza di Alghero della Generalitat de Catalunya. Nella descrizione in calce è infatti riportato che il compito della delegazione algherese è agire in stretta sinergia con l’amministrazione comunale e con le istituzioni regio- nali per favorire il recupero della lingua storica della città e incentivarne l’uso, pertanto le comunicazioni presenti sul social media sono per la maggior parte di ordine politico o di interesse strettamente culturale sia per quanto riguarda la realtà algherese sia quella catalana in generale. Fra le associazioni culturali che sono attive ad Alghero per la salvaguardia della lingua locale si ricorda la “Plataforma per la Llengua l’Alguer”, ossia la sezione cittadina della ONG con sede in Catalogna che ha per scopo precipuo la coesione sociale della lingua catalana anche fuori dai confini del dominio linguistico. In particolare, la rappresentanza di Alghero è partico- larmente attiva anche attraverso i suoi canali social per quanto riguarda le campagne di sensibilizzazione sulla necessità di inserire il catalano algherese nei curricula scolastici, come peraltro auspicato anche dalle diverse leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche nazionali o regionali che tuttavia in Sardegna sono ancora disattese, e per promuovere gli usi “normali” della lingua locale anche nell’ambito del consumo, con particolare riguardo all’etichettatura di prodotti enogastronomici.
Si ricordano infine le pagine dell’Omnium Cultural de l’Alguer e dell’Escola d’alguerés Pasqual Scanu, che fra le altre attività pubblicizzano anche in rete la possibilità di partecipare a corsi annuali di lingua algherese. Per quanto riguarda le pagine di carattere amatoriale, queste sono principalmente di carattere foclorico e registrano la divergenza che sussiste fra l’impostazione usata dai proprietari dei canali, che solitamente ricorrono alla grafia normativa, e gli utenti, che, forse proprio per il tenore “leggero” delle comunicazioni o per reale mancanza di conocenze scrivono in algherese usando perlopiù le norme ortografiche dell’italiano, ormai superate e rifiutate a favore dello standard catalano adattato alle peculiarità linguistiche locali.
In merito ai risultati ottenuti con la ricerca su Twitter, non si evidenziano grandi differenze rispetto a quanto già riportato per Facebook, fatta salva una maggiore partecipazione di catalanoparlanti della penisola iberica che nei loro commenti manifestano un forte orgoglio campanalistico nei confronti di una cittadina che conserva la loro lingua fin dal XIV secolo e che è la viva testimonianza dei fasti della potenza coloniale della Catalogna medievale.
3.6 Siti divulgativi
Come riportato da un recente studio di Adrià Martín Mor e Francesc Ballone (2020), l’algherese è in realtà ampiamente trascurato dalle nuove tecnologie, e risulta completamente assente nei correttori ortografici o traduttori automatici che considerino il catalano standard e alcune delle sue varietà19 individuati da un’approfondita ricerca di Josep Angel Mas (2019). L’implemen- tazione di questi strumenti con la variante algherese è in ogni caso subordinata alla necessità di risolvere in via definitiva i problemi legati all’individuazione di uno standard ortografico unitario che possa consentire anche un’eventule revisione del Diccionari de català de l’Alguer per quanto riguarda alcune sue ambiguità, mentre già da ora si potrebbe utilizzare l’intero lemmario tecnico-amministrativo di recente elaborazione e che proprio per la sua modernità è completamente conforme a quello del catalano normativo. Il riconoscimento della variante algherese e il suo inserimento in tali supporti informatici avrebbero come risultato atteso un aumento esponenziale non solo della produzione scritta in catalano di Alghero di tenore amministrativo, educativo o generico, ma contribuirebbero a una sicura maggiore diffusione della lingua stessa e a un aumento del numero dei parlanti (cf. Martín Mor/Ballone 2020). Per quanto concerne i siti divulgativi, spicca il progetto llenguamia.cat, a cura della rappresentanza algherese dell’Institut d’Estudis Catalans. Nella pagina principale il sito è descritto come una piazza digitale per il catalano di Alghero, con l’intento di ricreare il luogo fisico per eccellenza adibito alle interazioni sociali e agli scambi linguistici – una piazza – in cui indicizzare e rendere fruibili i materiali redatti nella varietà catalana locale o che la riguardino e che sono presenti in Internet. Il sito usa il catalano come lingua predominante, e apre offrendo ai non catalanofoni la possibilità di familiarizzare con la grafia normativa dell’algherese grazie a semplici esercizi giornalieri di lettura basati su una raccolta di testi scritti di varia natura accompagnati dalla relativa pronuncia. Il menù di navigazione di llenguamia.cat è articolato in diverse sezioni: inici (‘la home’), contenguts(‘contenuti’, consultabili anche in ordine alfabetico o grazie al sistema delle etichette di navigazione o delle parole chiave), materials per criatures (‘materiali didattici per bambini’) e ajuda-nos a millorar (‘questa sezione offre la possibilità agli utenti di contri- buire ad apportare migliorie o suggerimenti’). Le due sezioni “contenguts” e “materials per criatures” sono state concepite come un corpus di diversi video, articoli scientifici, testi di canzoni e tradizioni popolari; la parte che riguarda la possibilità di ‘migliorare’ il sito è invece strutturata come un questionario con diversi menù a tendina da compilare a seconda del contributo che si intende proporre (l’inserimento di nuovi testi, video o canzoni, ma anche la revisione di quanto già pubblicato). Oltre a llenguamia.cat occorre citare anche le diverse risorse reperibili su Youtube, che attualmente è la maggiore piattaforma di creazione e di condivisione di video e nel quale è possibile fruire di numerosi contenuti concepiti come semplici notiziari o documentari di carattere divulgativo sulle bellezze naturalistiche o sulla storia di Alghero, ma anche di contributi dedicati a brevi lezioni di catalano locale, alle sue differenze rispetto al catalano standard e al recupero del patrimonio lessicale ormai dimenticato.
3.7 Indagini sociolinguistiche
Grossmann (2011) riporta un elenco di ricerche sociolinguistiche significative che delineano l’uso dell’algherese negli ultimi anni. L’autrice stessa aveva condotto un’indagine nel 1977,servendosi di questionari distribuiti a più di 5.000 alunni di gradi diversi e a 165 apprendenti adulti (cf. Grossmann 1983); pochi anni dopo l’Associazione Culturale Està Esclarint ha intervistato circa 150 persone di cui circa due terzi studenti e un terzo lavoratori. Queste inda- gini sono state successivamente analizzate da Colledanchise (1994). Seguono nel XXI secolo delle indagini socio- e psicolinguistiche ideate dall’Istituto Regionale di Ricerca Educativa per la Sardegna nel 2002, sotto la direzione di Eduardo Blasco Ferrer (cf. Ferrer 2002), il cui il target erano bambini dai 4 ai 18 anni. Due anni dopo vengono effettuate anche delle interviste telefoniche da Abacus (2004) analizzate da Chessa (2004). Seguono altre interviste dirette da Anna Oppo nel 2006, che vedevano coinvolte le università di Cagliari e Sassari (cf. Oppo 2007) e che dimostrano, come tra l’altro anche altri diversi studi, che l’uso dell’algherese tende a calare nel tempo, soprattutto perché i genitori lo usano sempre meno per parlare con i propri figli. Oggi è un dato di fatto che le competenze siano passive piuttosto che attive e che già negli anni ’70 si preferisse utilizzare l’italiano che era considerata la lingua di maggiore prestigio. Pertanto l’idioma nazionale è diventato la lingua d’interazione principale, dato confermato anche dalle più recenti indagini dell’EULA (in collaborazione tra il Departament de Cultura de la Generalitat de Catalunya (coord.) e il Comune di Alghero) del 2015, i cui studi intitolati Els usos lingüístics a l’alguer.Sos usos linguìsticos in S’Alighera.Gli usi linguistici ad Alghero e che contengono dati basati su 625 interviste sono stati pubblicati nel 2017. Dalle indagini citate è emerso che il 99,3% della popolazione algherese parla fluentemente l’italiano, percentuale che scende al 36,4% per quanto riguarda l’algherese. Si nota anche che rispetto agli studi effettuati nel 2004, i numeri sono diminuiti a tutti i livelli. La maggior parte degli algheresi (88,2%) capisce l’algherese, circa la metà (50,5%) lo sa parlare, ancora meno lo sa leggere (35,6%) e una minima porzione della popolazione dichiara di saperlo scrivere (8,1%). Ormai predomina nettamente l’italiano in tutte le fasce di età, e nel 2015 solamente gli ultra sessantacinquenni lo usavano ancora prevalentemente nel 10,3% dei casi.
Sebbene ci siano stati molti studi sociolinguistici, sembrano tutt’oggi non esserci ancora delle indagini incentrate sulla fraseologia algherese, che darebbero probabilmente nuovi spunti per la ricerca. Si è pertanto deciso di svolgere una breve indagine ritenuta utile al presente contri- buto (i dati raccolti risalgono a dicembre 2021), allo scopo di mostrare le complessità nella traduzione dei fraseologismi per approfondimenti didattici o di natura lessicografica. Il numero delle risposte ricevute è purtroppo molto ridotto, ma si possono notare già delle tendenze che confermerebbero tra l’altro parte dei dati mostrati in precedenza.20
Nei questionari somministrati alla popolazione algherese sono state richieste informazioni sull’età, sul grado di istruzione, sul luogo di abitazione, sulle lingue parlate, sul sesso e sul lavoro, per poi chiedere che si tentasse la traduzione dei 39 fraseologismi seguenti:
1 avere caldo, 2 fare colazione, 3 fare la doccia, 4 lavarsi i denti, 5 andare in bicicletta, 6 marinare la scuola, 7 andare in ufficio, 8 fare la spesa, 9 giocare a tennis, 10 andare a letto, 11 cadere dalla padella alla brace, 12 diventare una bestia, 13 essere di bocca buona (= ‘accontentarsi facilmente, essere poco schizzinoso, spec. nel cibo’), 14 essere uno scheletro (= essere magrissimo), 15 pren- dere due piccioni con una fava, 16 essere solo come un cane, 17 essere stupido come una capra, 18 lavorare come un mulo, 19 mangiare come un tricheco (= tanto) , 20 mangiare come un uccel- lino (= poco), 21 Chi fa da sé fa per tre, 22 Chi va piano va sano e va lontano, 23 Chi si loda si imbroda, 24 Chi la fa l’aspetti, 25 Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, 26 Grazie di cuore, 27 Porca puttana!, 28 Non sono mica nato ieri!, 29 Che culo!, 30 Chi se ne frega, 31 secondo me, 32 per poco, 33 a seconda di, 34 Le gambe fanno giacomo giacomo, 35 Il troppo stroppia, 36 Così cosà, 37 Capire Roma per Toma, 38 adagio Biagio, 39 Questo è il colmo!
Come si può notare dalla lista, per evitare fraintendimenti sono state fornite informazioni aggiuntive tra parentesi per alcune combinazioni di parole forse non del tutto trasparenti. Nell’indagine sono stati inseriti fraseologismi di vario tipo, inclusi proverbi come Chi si loda si imbroda. Si ritrovano ad es. collocazioni non idiomatiche come lavarsi i denti o semi- idiomatiche come marinare la scuola, oltre a fraseologismi comparativi come essere solo come un cane, espressioni idiomatiche come essere di bocca buona, fraseologismi comunicativi come Grazie di cuore, fraseologismi avverbiali come ben poco, ma anche frasi idiomatiche o frasi fatte come Questo è il colmoo anche unicali come adagio Biagio.
Hanno partecipato all’inchiesta persone dai 28 ai 58 anni, di sesso diverso:


Gli informanti più giovani hanno affermato di non parlare l’algherese come madrelingua, bensì come seconda lingua, mentre alcuni intervistati più anziani si sono dichiarati bilingui (algherese-italiano):

Le persone coinvolte conoscevano comunque altre lingue, come si può osservare dal seguente grafico:

Come si nota dai dati elicitati dal grafico,21 tutte le persone coinvolte nelle indagini sono poliglotte e oltre a sapere l’italiano, conoscono molte altre lingue, in particolare l’inglese, il francese e il catalano, mentre singole persone dichiarano di sapere anche il tedesco, lo spagnolo, l’olandese, il russo, il sardo e l’arabo.
Segue un’altra immagine che mostra in quale ambito è stato imparato l’algherese:

Da quanto riportato nelle risposte, tutti i partecipanti hanno imparato l’algherese in famiglia, incluso chi ha dichiarato di non avere il catalano locale come madrelingua; inoltre, uno dei partecipanti ha precisato di averlo imparato solamente da parte del padre.
Un’ulteriore illustrazione rappresenta la grafia scelta nel dare le risposte:

Si può constatare che sono piuttosto le persone di una certa età e/o con una certa istruzione (con un dottorato di ricerca) a conoscere e utilizzare la grafia ufficiale, mentre altre persone con un livello più basso di istruzione (artigiani, pur facendo anche le guide turistiche) e i più giovani (pur essendo studenti universitari) sembrano (almeno in parte) non saperne fare uso.
Segue un grafico che rappresenta le percentuali dei quartieri di Alghero dove vivono i partecipanti:

Estremamente interessanti sono i risultati delle traduzioni dei fraseologismi, seppure esse siano un campione limitato e dunque non si possa dare un valore assoluto, ma rappresentino delle possibilità. Va rimarcato innanzitutto che non tutti i partecipanti sono riusciti a tradurre tutti i fraseologismi dati. In particolare, le generazioni più giovani hanno tralasciato numerose combinazioni, oppure riportato anche delle espressione tipicamente italiane (come diventar una bestia) al posto di quelle algheresi, il che sembra confermare l’avanzare del processo di dedialettizzazione a favore della lingua nazionale:

Dal punto di vista esclusivamente qualitativo, si nota che le risposte divergono fortemente tra i vari questionari, in cui vengono dati equivalenti di diverso tipo, spesso divergenti dal punto di vista grafico ma anche dal punto di vista semantico.
Le generazioni più giovani (fino ai 40 anni) che hanno partecipato al sondaggio tendono a utilizzare una grafia modellata maggiormente su quella italiana e non su quella del catalano standard, come in sol com un cuciu (‘solo come un cane’) al posto di sol com un cutxo, in ascí ascí (c’è anche chi ha scritto asci ascio per rendere ‘così cosà’) piuttosto che així així, in giugà a tennis invece che in jugar a tennis o ad anà a l’uffici piuttosto che anar a l’ofici; i giovani o in generale chi non sa usare la grafia normativa evita a volte grafemi come <x> e <j> e prefe- risce scrivere come farebbe in italiano, come ad esempio in uffici con la <u> al posto di <o>.
È frequente l’uso di espressioni sinonimiche, alcune su calco dell’italiano; ad es. essere stupido come una capra viene reso con ésser besuc, bocabent, bistonquino come una cabra.essar simò come una craba, o anche solo con ésser besuc.ésser bistonquino, o con l’espressione divergente ésser una carabassa tumbàriga (‘essere come una zucca’ (la carabassa tumbàriga è la zucca che non è più commestibile)) o Chi si loda si imbroda, tradotto con qui se vanta lo rave d’ell, lo troba tuvo (‘chi vanta i suoi rapanelli, li trova vuoti’) o, similmente all’italiano chi sa loda s’ambroda, mostrando l’inizio tipico di un proverbio con il chi.qui, ma con un cambiamento a livello semantico, mentre nel caso della traduzione con Si no mi vanto deo (‘se non mi vanto io…’) sembra esserci un’affinità di significato, ma i due fraseologismi sono normalmente usati in maniera diversa.
A volte esistono fraseologismi comparativi leggermente diversi, ad es. facenti uso di immagini di animali differenti, come in lavorare come un mulo . treballar com un molendo (‘lavorare come un asino’). Tuttavia, una persona ha tradotto il fraseologismo anche con trabagliar come un mul, che coincicerebbe dunque con l’italiano.
Per ciò che riguarda ulteriori metafore o similitudini, va rimarcato che esse sembrano essere spesso quasi del tutto corrispondenti, come in cadere dalla padella alla brace . caure de la padella a la braja (ma c’è anche chi l’ha tradotto in maniera completamente differente: Anar de Erodes a Pilato, ossia ‘andare da Erode a Pilato’ o in maniera sin troppo simile, con delle interferenze dall’italiano: cader de la paeglia a la bras). Coincidono inoltre prendere due piccioni con una fava . agafar dos pitxons amb una fava.prendra dos piccions amb una fava mentre divergenze evidenti si ritrovano ad esempio in mangiare come un tricheco ed entipir-se com la col (‘riempirsi come il cavolo (che si ricopre di foglie)’), in cui in un caso si ha la metafora di un animale e nell’altra di un vegetale, locuzione parafrasata con menja a engulidura (‘mangia fino a riempirsi, con troppa foga’) o mangià assai (in grafia normativa sarebbe menjar assai) da chi probabilmente non conosceva un fraseologismo comparativo corrispondente; infine si ha essere magro come uno scheletro tradotto con és un mànec de escombra (‘è un manico di scopa’), ésser com un ferret (‘essere come un ferro da maglia’), ma un partecipante ha tradotto anche su calco dell’italiano: esser un’escheletro. In generale, rispetto all’italiano si mostrano molte convergenze sia morfosintattiche sia semantiche, come in diventar una bestia . diventar una bèstia (ma non in diventar un probonaro . in se girar), chi se ne fotte . qui s’en foti.futi o (non in grafia standard) chi s’an futti, grazie di cuore . gràcies de cor.grasias de cor, essere di bocca buona ed ésser de boca bona.essar de boca bona (ma non in no és escamador), in fare la spesa . fer la expesa.espesa, in a seconda di . a segons de.a sagona de, o in Che culo! . Qui cul!.Chi cul!
Alcune componenti semantiche possono divergere come in avere caldo e le diverse risposte date: tenc.tendre.tenere calor; c`è però anche chi usa forme più vicine all’italiano come aver carò. Il fraseologismo comunicativo Porca puttana! viene tradotto con porca bagassa!, cambia invece totalmente in Malesguínxoles! Un’altra forma è Malesgànxoles. Il significato, traslato in un semplice ‘accidenti’ deriva dall’augurio di avere solo scarpe strette che procurino dolore ai piedi’), in Le gambe fanno giacomo giacomo viene reso con (tendre) les anques a brou (‘(avere) le gambe in brodo’) e Les anques tremola tremola (‘le gambole tremolano tremolano’, avente una simile struttura sintattica, mostrando una ripetizione); vi è inoltre chi ha tradotto su calco dell’italiano con las gambas fenan giacomo giacomo, inoltre si hanno forme corrispondenti dal punto di vista sintattico in Questo è il colmo . això és massa! (‘questo è troppo’)/achesch es lu colmo. A volte non sono stati dati degli equivalenti esatti, ma che potrebbero funzionare come quasi sinonimi in determinati contesti, come No hi puc creure! (‘Non ci posso credere!’) per esprimere Questo è il colmo!
Come già visto, in alcuni casi si hanno più equivalenti che possono corrispondere totalmente o parzialmente o essere del tutto diversi, come in per poco . per poc.a carijo.A bé a bé .carijo è la “difficoltà” in generale. A bé a bé rende ‘ben bene’), o eventualmente equivalere anche a forme monoverbali, come in esmorzar.fer colació.fe colasiò (ossia ‘fare colazione’). Va tuttavia rimarcato che alcune forme cambiano leggermente nelle risposte fornite in alcuni questionari: la persona più giovane ad es. ha scritto Fè curaciò – si mostrano dunque delle differenze nell’uso di <r> (o <l>) o nell’apocope di finale, tra l’altro ad es. anche in anà an briciquetta.anà an bicicretta vs. anar en bicicleta, fe la spesa vs. fer l’expesa, giugà a tennis vs. jugar a tennis, anà a llit.anà a glit vs. anar a llit. Questo fenomeno è dovuto alla divergenza fra ortografia normativa (spesso sconosciuta) e pronuncia. Ad esempio, la grafia corretta per andare . anar, ma nella pronucia la -r si elide.
In alcuni casi sono state inserite diverse forme sintattiche come in lavarsi i denti reso ora con se rentar les dents e ora con rentar-se les dents. Si hanno poi alcuni casi dove nella versione algherese del fraseologismo indicato è stata inserita una virgola, non prevista dall’italiano, come in chi fa da solo fa per tre . qui fa de sol, fa per tres (sembra invece scorretta la traduzione Si no te’l fas tu..., corrispondente a ‘se non te lo fai tu…’); a volte non è tuttavia necessaria, come in chi fa de sol fas com tres. In altri casi la sintassi rimane la stessa ma cambia in parte la semantica, come in dimmi con chi vai e ti dirò chi sei tradotto con diu-me en qui(n) marines vas i te digueré quin peixos prens, anche tradotto su calco dell’italiano con diuma ama chi vas i ta dic chi ses (attenzione, cambia invece notevolmente in Qui va amb el topo a l’any és topo i mig, che significa letteralemente ‘chi va con lo zoppo entro l’anno è zoppo e mezzo’). In altri si ha un componente aggiuntivo opzionale come in Non sono mica nato ieri!, tradotto con Mira que no só nat ahir! o anche con no só manco nat ahir! (non coincide invece la struttura o la semantica in A mi, vols fotir!, vale a dire ‘a me vuoi fregare’, che risulta tuttavia essere un equivalente parziale che esprimerebbe più o meno lo stesso significato).
Vengono poi dati anche esclusivamente traducenti completamente divergenti, come marinare la scuola reso con (se) fer fèries, letteralmente ‘fare ferie’e che dunque rappresenta un falso amico dell’espressione italiana, oppure tradotto con il sinonimo saltar l’escola. Si aggiunge poi chi la fa l’aspetti tradotto con qui escupi a l’aria(,) li cau a la fatxa.A qui escupi en alt li cau en fatxa (‘chi sputa in aria, gli cade in faccia’); ma anche in forma italianizzante con chi la fa l’attenda. Sembra inoltre non esserci un fraseologismo comparativo di uso comune in algherese che corrisponda a mangiare come un uccellino, che è stato tradotto con linguir lo plat (‘leccare il piatto’)/menjar poc.menja poc i arrés (‘mangia poco e niente’) e con la forma italianizzante mangiar poc. In algherese si osserva un uso diverso delle preposizioni, come ad es. andare in ufficio che diventa anar a l’ofici (ma qualcuno ha anche scritto ana en offici.anà an uffisi), o in chi va piano va sano e va lontano . qui va a poc, arriba sa i a lluny.chi va a poc va bè i va gliunta (che cambia radicalmente nella traduzione Anem anant, letteralmente ‘andiamo andando’), o in secondo me reso in algherese in segons a mi.per a mi, anche se vengono usati anche segons mi . parà mi (questa tuttavia è una forma errata, che corrisponde soltanto alla resa fonetica di per a mi) e forme sinonimiche come a parer meu e in molti altri casi corrispondono, come in andare in bicicletta . anar en bicicleta.
Dagli equivalenti raccolti risulta evidente che la semantica sia in gran parte la stessa, mentre cambia la sintassi in casi come Il troppo stroppia . quan és.tendre massa, estropia (‘quando è troppo, stroppia’), tradotto erroneamente anche con Quan és massa, és massa, che corrisponde- rebbe a Quando è troppo è troppo, e su calco dell’italiano con trop storpia. Gli unicali sono stati tradotti con gli equivalenti corretti ma che fanno uso di altri componenti semantiche, si confronti ad es. Prendere Roma per Toma . comprendre catzos per violins (‘comprendere cazzi per violini’)/comprendre all per ceba.seba (‘comprendere aglio per cipolla’), ad eccezione di traduzioni su calco dell’italiano come in cumprendera roma per toma. Similmente si ha adagio Biagio reso con ves a poc (que gota a gota se umpli la bóta) (‘vai piano (che goccia a goccia si riempie la botte’))/A poc a poc, ma vi è anche chi propone a poc Biagio.
Alla luce di quanto evidenziato dalle ricerche, le generazioni più giovani di parlanti sembrano essere le meno interessate alla conoscenza dell’algherese, e in particolare alla sua corretta ortografia. Specialmente i fraseologismi idiomatici, inclusi i proverbi, le frasi fratte e idiomati- che, mostrano una grande sfida nell’apprendimento, mentre paiono essere più note alcune collocazioni (incl. fraseologismi comparativi), alcuni fraseologismi strutturali e comunicativi di uso quotidiano. Mancano ancora ulteriori studi che possano verificare non solo i diversi usi ma anche ulteriori divergenze e convergenze rispetto all’italiano.
4 Riflessioni per la didattica
4.1 La didattica dell’algherese
Così come per altre varietà minoritarie italiane, anche per l’algherese uno degli aspetti che presenta più criticità per quanto riguarda gli interventi di tutela e pianificazione linguistica è quello della didattica. I primi esperimenti di insegnamento del catalano di Alghero sono da ricondurre ai corsi offerti alla popolazione adulta dalle associazioni culturali locali costituitesi fin dalla seconda metà del XX secolo con lo scopo di salvaguardare il patrimonio linguistico e culturale. Fra queste si ricordano il Centre d’Estudis Algueresos, fondato nel 1952, e l’Escola d’alguerés Pasqual Scanu, nata nel 1982, mentre nel 1985 fu inaugurata la sede di Alghero dell’Obra Cultural e nel 1988 fu fondata l’Associació per a la Salvaguarda del Patrimoni Historicocultural de l'Alguer, che fin da subito si pose come obiettivo primario l’introduzione della lingua catalana come materia extracurricolare nelle scuole pubbliche. Nel 1993 nacque l’Omnium Cultural de l’Alguer che nel 1994 insieme al Centre de Recursos Pedagògics Maria Montessori, il suo “braccio operativo” deputato alle iniziative didattiche per il catalano di Alghero, e alla cattedra di catalano dell’Università di Sassari attuò a partire dal 1999 il Projecte Joan Palomba, un’iniziativa grazie alla quale la lingua algherese fu inserita in via sperimentale prima nelle scuole dell’infanzia e primarie e successivamente anche nelle scuole medie come materia curricolare per un’ora alla settimana. Uno dei problemi principali da risolvere fu quello della carenza di materiale didattico, e per fronteggiare le difficoltà relative a questo aspetto, da subito si insediò una apposita commissione composta da docenti algheresi e catalani che realizzarono i libri di testo Alguerès 1 i Alguerès 2, corredati da una guida didattica a uso esclusivo dei docenti ai quali si consigliava l’uso del catalano come unica lingua veicolare per svolgere le attività didattiche (Mayans 2007).
Nel 2004 l’Omnium Cultural de l’Alguer, grazie anche al sostegno della Generalitat de Catalunya e del Comune di Alghero fu inaugurata La Costura, una scuola materna privata trilingue con il catalano algherese come prima lingua di insegnamento per un totale del 60% del monte ore curricolare, l’italiano per il 30% e l’inglese per il restante 10%. La realizzazione del materiale didattico fu nuovamente affidata al Centre de Recursos Pedagogics Maria Montessori, che grazie al suo coordinatore Luca Scala e al suo modello di standard algherese Català de l’Alguer: criteris de llengua escrita approvato nel 2003 garantiva delle norme scien- tifiche ai progetti didattici da attuare. È sicuramente interessante ricordare che i primi due anni di attività della Costura videro la partecipazione presenziale di Rosa Montero, un’insegnante catalana esperta di pedagogia infantile e incaricata della formazione del corpo docente della nuova “scuola catalana” di Alghero. Nello stesso anno il Comune di Alghero attivò un corso biennale facoltativo di alfabetizzazione di base di lingua algherese Curs d’Alfabetització de Català de l’Alguer destinato ai dipendenti municipali. Nel 2012 i giocatori della squadra di rugby algherese Amatori Canatina Rugby chiesero espressamente che fossero impartiti agli atleti – non tutti catalanofoni – dei corsi di catalano algherese, ritenuto fondamentale per poter partecipare alla Copa Quatre Barres, la competizione riservata alle squadre dei territori di parlata catalana. Nel 2013 fu avviato il progetto Barçakids che per alcune alcune annualità ha coinvolto centinaia di alunni delle scuole cittadine appartenenti alla fascia d’età dai 6 ai 12 anni. Il progetto, nato per volontà della fondazione calcistica Futbol Club Barcelona, aveva l’intento di promuovere nei paesi catalani l’educazione civica attraverso lo sport e nel caso di Alghero il valore aggiunto fu rappresentato dal fatto che gli insegnanti delle scuole cittadine che aderirono al progetto impartirono rudimenti di algherese ai propri studenti nelle settimane precedenti l’arrivo degli educatori del Barcelona, che svolsero le loro attività usando esclusivamente il catalano di Alghero come lingua veicolare. Nel 2015 lo Sportello linguistico regionale del Comune di Alghero avviò i primi corsi annuali CUELDA – Curs Ensenyants de Llengua i Didàctica del Català de l’Alguer con l’intento di sensibilizzare i docenti algheresi al recupero e all’uso del catalano locale e formarli al suo insegnamento anche con ricorso alla modalità CLIL (cf. Ministero dell’Istruzione 2018). Nel biennio 2018–2019 il Comune di Alghero attivò quattro corsi di catalano algherese offerti nuovamente ai dipendenti comunali per favorire le interazioni con la cittadinanza in algherese anche nell’ambito della burocrazia e nell’ottica di una piena normalizzazione degli usi della varietà catalana locale, così come auspicato dalle numerose norme di tutela delle minoranze linguistiche di carattere europeo, nazionale o strettamente locale. I corsi furono strutturati in due moduli da 80 ore ciascuno per l’alfabetizza- zione di base e – questa la vera novità – in due moduli da 35 ore ciascuno dedicati alla formazione e all’elaborazione di un linguaggio tecnico-amministrativo per l’algherese.
Fra i provvedimenti istituzionali inerenti all’insegnamento del catalano di Alghero, è utile ricordare l’ampio spazio dedicato alla didattica del sardo e delle varietà alloglotte della Sardegna dalla legge regionale 22/2018, che oltre a introdurre come novità assoluta l’obbligo di certificazione pari al livello C1 per gli insegnanti delle lingue minori locali e per gli operatori degli sportelli linguistici, all’art. 17 descrive in maniera approfondita i compiti della Regione e delle istituzioni scolastiche:
4.2 La fraseodidattica di altre lingue come modello per la fraseodidattica algherese
La fraseodidattica sta vivendo un vero e proprio boom; recentemente per l’italiano oltre a singoli esercizi di italiano L2/LS è stato pubblicato anche un manuale incentrato sulla didattica dei task, accompagnato da una guida per l’insegnante (cf. Schmiderer et al. 2021a e 2021b). Questi materiali sono innovativi e per quanto focalizzati sulla comunicazione e su una lingua sola, offrono la possibilità di riempire dei glossari multilingui individuali. In passato, esistevano in realtà già molti esercizi basati sulla fraseodidattica italiana, pur non essendo essa denominata tale (in italiano tale terminologia compare nel XX secolo, su calco del tedesco Fraseodidaktik, impiegato per la prima volta da Kühn nel 1987). Si ritrovano infatti molti esercizi in delle cosiddette “fraseologie storiche” che possono dare importanti spunti per la didattica dall’approccio contrastivo (cf. ad es. Autelli 2021b), facendo in particolare uso di dizionari fraseologici per le traduzioni, ma non solo.
Mentre per molte lingue (fra cui il francese, grazie agli esercizi di Bally (.1951), ma anche per il tedesco e l’inglese), gli esercizi fraseodidattici (legati ai dizionari o non) abbondano, per altre varietà diatopiche in generale vi è ancora molto fa fare. Indubbiamente esistono diverse raccolte di fraseologismi, che però sono spesso asistematiche e raramente le combinazioni sono colle- gate a un concetto didattico. Recentemente si sta cercando di valorizzare le varietà diatopiche anche nell’insegnamento, creado diversi tipi di libricini o in alcuni dizionari si sta cercando di fornire informazioni utili per l’insegnamento: ad es. in GEPHRAS/GEPHRAS2 vengono integrate non solo informazioni metalinguistiche che danno informazioni sul registro, ma anche informazioni su eventuali valenze, proponendo alcune varianti e spiegando le espressioni idiomatiche o polisemiche vicino agli equivalenti; sono inoltre presenti dei disegni che aiutano a visualizzare le diverse concettualizzazioni della comunità linguistica genovese.
Sebbene le tipologie di esercizi possibili siano una miriade, occorre osservare che non esistono ancora delle liste che classifichino i fraseologismi (italiani o algheresi) in base ai livelli di competenza linguistica individuati dal QCER (2002; cf. Spinelli/Parizzi 2010), che non spiega come integrare esattamente i fraseologismi nell’insegnamento, lasciando al singolo insegnante il compito di tener conto delle esigenze dei propri studenti. Vale pertanto il consiglio di sensibilizzare i discenti, aiutandoli innanzitutto a identificare i fraseologismi e a riflettere anche sull’uso della propria madrelingua e di alcune divergenze che si riscontrano rispetto ad altre lingue (in particolare l’italiano, che risulta essere spesso la lingua dominante). Inoltre si consiglia di cercare di insegnare i fraseologismi il prima possibile (ai livelli più bassi si ritrovano molte collocazioni come ad es. lavarsi i denti . fare una doccia, che sono stati tradotti ad es. con se rentar les dents.rentar-se les dents o con la forma italianizzante lavars lus dents, oppure fer la dotxa.fè la doccia) e di sviluppare esercizi fraseodidattici di vario tipo, sia per stimolare diverse intelligenze sia per facilitare diversi tipi di apprendenti. Attualmente sembra un vantaggio poter offrire anche degli esercizi in rete in modo da poter essere consultati anche da casa; inoltre ognuno può fare gli esercizi con il proprio ritmo, si possono eventualmente integrare immagini e file audio o creare giochi divertenti (ad es. cruciverba, omino impiccato, ad es. con LearningApps, cf. anche Autelli et al. 2017) con poca fatica, senza dover correggere manualmente possibili errori. Tuttavia, vi è ancora chi preferisce ricorrere ai supporti cartacei tradizionali per la lettura o per la scrittura, principalmente perché lo schermo può affaticare la vista. Lo spazio per approfondire la tematica in questo contribuito è troppo ristretto per dare una panoramica esaustiva dei materiali esistenti o per proporre nuovi esercizi ad hoc. Si rimanda quindi ad es. a Meunier/Granger (2008); Mena Martínez/Strohschen (2020) e Autelli (2021b) per un quadro più dettagliato su alcuni degli sviluppi della fraseodidattica e per trarre nuovi spunti per l’insegnamento.
5 Conclusioni
Da quanto finora esposto è emerso che la fraseologia e in particolare la fraseografia delle varietà diatopiche in Italia sta vivendo un momento di crescita, ma è ancora molto indietro rispetto a molte altre lingue. In particolare è interessante il caso del catalano di Alghero, una lingua minoritaria tutelata dallo stato italiano e che continua a sopravvivere non senza difficoltà e che è ancora poco documentato a livello lessicografico, con un’evidente carenza nella documenta- zione di fraseologismi. Tuttavia, si è dimostrato che è possibile reperire numerose combinazioni di parole in diversi tipi di risorse, che potrebbero essere utili per un futuro progetto fraseogra- fico. Quest’ultimo, per ciò che concerne la micro- e la macrostruttura, potrebbe essere orientato sul modello di GEPHRAS/GEPHRAS2, un dizionario incentrato sul genovese ma che mostra alcune problematiche di documentazione sistematica simili a quelle che connotano l’algherese. In questo contributo si è cercato di dare un assaggio di quelle che potrebbero essere eventuali traduzioni di alcuni fraseologismi italiani in algherese svolgendo una piccola indagine in rete, anche per mostrare alcune divergenze rispetto all’italiano e che potrebbero anche dare dei suggerimenti per la didattica. In particolare, si è notato che alcuni partecipanti all’indagine (specialmente i più giovani) non conoscevano la grafia standard. Inoltre, sono emerse diverse varianti, non solo grafiche, ma divergenti (o anche convergenti) ad es. a livello morfosintattico o semantico. I dati elicitati sono sicuramente interessanti per future ricerche, perché testimo- niano ad es. la difficoltà nell’usare determinati tipi di fraseologismi come le espressioni idiomatiche rispetto alle collocazioni. Inoltre, il fatto che parte dei giovani non sia riuscita a tradurre nemmeno la metà delle combinazioni date è un ulteriore indizio del grave processo di sostituzione linguistica in atto ad Alghero a causa dell’interruzione della trasmissione linguistica intergenerazionale.
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Nota